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Questo articolo è stato pubblicato il 20 novembre 2013 alle ore 06:43.

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ROMA
«Il voto di sfiducia è la sfiducia al governo». Alla fine Enrico Letta «la faccia» ce la mette, come per tutta la giornata gli ha chiesto di fare il segretario in pectore del Pd Matteo Renzi. E nonostante l'alluvione in Sardegna, dove il premier vola nel pomeriggio, presenzia in tarda serata la riunione del gruppo democratico sulla questione della fiducia alla ministra della giustizia Annamaria Cancellieri. Una presenza che è già di per sé una garanzia per la Cancellieri, finita nell'occhio del ciclone per le interferenze sul caso della scarcerazione di Giulia Ligresti. Dopo aver valutato nei giorni scorsi ogni strada, anche quella della richiesta di un passo indietro, alla fine Letta decide di blindare la sua ministra, in linea con quanto fatto dall'inizio della vicenda dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
«Sarò molto breve – dice Letta alla riunione serale del gruppo Pd dopo aver illustrato la "situazione drammatica, effetto alluvione tropicale" constatata in Sardegna –. Se siamo arrivati qui a questo punto, con il voto sulla sfiducia domani (oggi, ndr), vuol dire che questo è un passaggio politico a tutto tondo. Il voto di sfiducia al ministro è voto di sfiducia al governo, presentato peraltro con gli argomenti aggressivi e marcati del Movimento 5 Stelle. La mozione di sfiducia dei grillini va considerata per quello che è: un atto politico. E la risposta deve essere un atto politico: un rifiuto». Ma Letta sa benissimo che il punto non è la mozione dei grillini, ma i numerosi malumori sulla vicenda nel Pd, e non solo da parte dei renziani. Il premier resta convinto che i toni e gli accenti del dibattito democratico sulla vicenda Cancellieri sono stati tenuti alti per mere esigenze congressuali. Da qui il suo appello, che guarda oltre l'8 dicembre: «So che la pensiamo diversamente, ma vi chiedo un atto di responsabilità come comunità: la nostra unità, l'unità del Pd, è l'unico punto di tenuta del sistema politico italiano. Viviamo un passaggio estremamente complesso che ci porterà ad una situazione migliore».
Tanto basta a Renzi. La decisione di Letta di metterci «la faccia» lo soddisfa. Il sindaco di Firenze non può certo trascinare i suoi a un voto di fatto contrario al governo, ma nel contempo rimarca la sua convizione – e lo ripete per tutta la giornata, in radio e in tv – che la Cancellieri dovrebbe dimettersi prima della votazione sulla fiducia. «Non è un problema giudiziario, è un problema politico – è il ragionamento di Renzi –. Se cambia il ministro della giustizia il governo Letta è più forte, non più debole. Perché con questo ministro qualsiasi intervento sulle carceri sconterà un giudizio diffidente di larga parte degli italiani». Ecco, il punto segnato da Renzi nei confronti della base e degli elettori democratici che l'8 dicembre lo incoroneranno segretario. Io – dice – avrei fatto diversamente, ma visto che il premier mette personalmente il suo mantello sul Guardasigilli non posso che accettarlo. Nessun ordine del giorno, nessuna richiesta di votare nell'assemblea come per tutto il pomeriggio si vociferava in Translatantico. «Letta ci ha chiesto di non farlo e non lo facciamo. Siamo leali e non siamo una corrente contro. Siamo il Pd». Rimarca da parte sua il competitor di Renzi Gianni Cuperlo: «La mia opinione è che per motivi di opportunità dovrebbe dimettersi prima del voto. Ma se il premier ci chiede un atto di responsabilità politica dobbiamo essere tutti responsabili». E financo il bastian contrario Pippo Civati, che per tutto il giorno aveva minacciato mozioni di sfiducia ad hoc, si adegua: «Prendo atto».
Tutto bene quel che finisce bene, dunque? Certo l'esito positivo della temuta assemblea Pd è stato preparato da una lunga mediazione, durata tutto il giorno, tra lo stesso Letta e il ministro dei Rapporti con il Parlamento Dario Franceschini da una parte e Guglielmo Epifani e Renzi dall'altra. Ma certo il duello andato in scena in questi giorni sul caso Cancellieri tra Letta e Renzi è solo un piccolo assaggio di quello che accadrà dal giorno dopo l'"incoronazione" dell'8 dicembre. Le rispettive diplomazie, dopo le primarie, dovranno quantomeno armarsi di armi più pesanti.
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LE TAPPE
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Vengono diffuse alcune intercettazioni telefoniche tra il ministro della Giustizia, Anna Maria Cancellieri, e i familiari dei Ligresti.
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15 novembre
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