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Questo articolo è stato pubblicato il 21 novembre 2013 alle ore 14:38.

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Erick Thohir e Adriano GallianiErick Thohir e Adriano Galliani

Inter e Milan, ora è derby fuori e dentro il campo. Pardon, lo stadio. Ieri, Erick Thohir, nuovo plenipotenziario del club neroazzurro, ha fatto visita al presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni, rossonero doc. Occasione dell'incontro, tra una stretta di mano in direzione dei fotografi e l'atteso scambio di cortesie e prebende, la presentazione su mappa dell'area Expo in zona Rho, che nel 2015 sarà il palcoscenico dell'Esposizione universale in salsa milanese. Spiegherà il presidente della Regione al termine della riunione: «Thohir si è detto interessato a costruire un nuovo stadio sull'area Expo. Gli ho presentato una proposta per realizzare quello che ho ribattezzato il parco Olimpico in un'area ben fornita dell'Expo. In quella zona c'è la possibilità di realizzare principalmente uno stadio, ma con un modello innovativo di stampo europeo». Thohir è già entusiasta: «Voglio cominciare a costruire lo stadio nel 2016», pare abbia detto il magnate indonesiano nel corso del confronto. Che rappresenta, di fatto, la prima di una serie più o meno lunga di dialoghi che per forza di cose dovranno prendere forma sull'asse Regione-Inter per definire i contorni del grande progetto del nuovo corso neroazzurro.

Insomma, l'Inter avrà una nuova casa. Come suggerito da Massimo Moratti, che negli ultimi due anni ha raccolto e vagliato le proposte di collaborazione sul tema che hanno fatto capolino sulla sua scrivania da tutto il mondo (chi ricorda la cordata cinese che sembrava a un passo dal conquistare la Milano della Beneamata?). Come anticipato dallo stesso Thohir, che più volte ha ribadito la necessità di seguire il modello dei grandi club europei anche sul fronte degli stadi di proprietà. Per generare utili e rilanciare le quotazioni della società neroazzurra nell'ambito continentale. Perché ormai l'equazione grande squadra uguale impianto da copertina è ormai diventata un must improrogabile del pallone internazionale. In Italia, la Juventus ha mostrato come si fa. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti, anche di coloro che inizialmente erano scettici e diffidenti circa le reali possibilità del sodalizio bianconero di stare al passo con i tempi. Ci sta lavorando l'Udinese, lo faranno presto o tardi anche la Roma, la Fiorentina e, chissà, forse anche il Napoli se il presidente De Laurentiis non accetterà le ragioni del sindaco Luigi De Magistris, che preferirebbe sistemare il San Paolo piuttosto che dare il via libera per la costruzione di un nuovo impianto.

Milan, se ci sei, batti un colpo. Se l'Inter ha presentato ufficialmente la propria candidatura per un posto al sole nell'area che sarà lasciata libera dall'Expo, il club rossonero non è stato certo a guardare. Anzi, si può dire che il primo grande affondo per ottenere i diritti sul terreno in questione l'abbia fatto proprio il Milan di Adriano Galliani, che nei giorni scorsi ha avuto modo di dire la sua a proposito con il vicesindaco della città dei Navigli, Ada Lucia De Cesaris. Anche al diavolo interessa ragionare sui modi e sui tempi dell'operazione. E allora, come la mettiamo? Chi avrà la precedenza sull'iniziativa? Ieri sera, Galliani, che certo in questo periodo è più impegnato a risolvere i guai firmati Barbara Berlusconi che a mettere ordine ai progetti del domani che verrà, ha dissotterrato l'ascia di guerra: «All'area Expo è interessato anche il Milan, vedremo». Come dire, pronti a dare battaglia. Pure se al momento le forze in campo sembrano dare ragione ai cugini in nerazzurro, che grazie a Thohir possono contare su denaro in quantità. Al contrario, è da tempo che Berlusconi senior si guarda intorno per imitare il collega Moratti, ma fino a oggi non si registrano risultati significativi. Il Milan piace, ma non tanto da meritare un investimento milionario. Almeno, fino a oggi. Nella gara a chi metterà prima le mani sull'area Expo, tante incognite e una sola certezza: chi perderà dovrà accontentarsi di rimanere a San Siro. Tra sospiri e maledizioni. Sì, perché la "Scala del calcio" ora non è più di moda.

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