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Questo articolo è stato pubblicato il 22 novembre 2013 alle ore 06:52.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 10:48.

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OLBIA. Dal nostro inviato
I sardi dicono gramscianamente "a mare i continentali", i continentali rispondono, invertendo la prospettiva, "a mare i sardi". In acqua, a mare o negli stagni – sul tipo di liquido l'offerta a Olbia in questi giorni è quanto mai variegata – e al di là delle regressioni neocampaniliste, cominciano a emergere nitidamente alcune verità.

«La piena millenaria», come l'ha ribattezzata biblicamente – ed erroneamente – il governatore Ugo Cappellacci (si veda altro articolo in basso), aveva debuttato con tutta la sua rovinosa intensità nel corso di domenica 17 di novembre. Alle 17, quando si dice la cabala, la Protezione civile di Roma allerta il sindaco di Olbia. Chi emette il segnale di massimo pericolo traduce in dispacci la cascata di pioggia sotto la quale si è consumata un'intera giornata durante la quale è sufficiente alzare gli occhi al cielo per capire che la situazione potrebbe prendere una pessima piega. Quel giorno a Olbia si scatena l'inferno. A scriverne è un giornale, La Nuova Sardegna, che il giorno dopo pubblica un articolo dai toni drammatici a firma Luca Rojch. Ecco l'attacco: «Guardano le nuvole con terrore sotto un cielo di piombo che annuncia tempesta. Le famiglie di Pittulongu travolte dalla piena cercano di svuotare le loro case diventate piscine». Arrigo Orsini, uno degli abitanti del quartiere che a ogni acquazzone fa i conti con lo straripamento dei rii, dice profeticamente. «È la quarta alluvione in quattro anni. Ogni volta a novembre arriva la piena. Siamo stanchi di chiedere al Comune di intervenire. Forse, come a Capoterra, c'è bisogno che qualcuno muoia travolto dal fiume?».

Tra sabato e domenica cadono trenta ore di pioggia ininterrotta. Si allagano pure gli archivi della Asl numero due, salvati dalle idrovore dei Vigili del fuoco. Non scampano alla pioggia alluvionale neppure le case di Porto Rotondo, una zona teoricamente fuori dall'epicentro del cataclisma. Lo stesso giornale riferisce dell'allerta meteo nelle seguenti 48 ore che sconvolgeranno Olbia. Con o senza allerta meteo da Roma, la situazione è ben oltre il livello di guardia.

Giuseppe Budroni è un uomo grande e grosso che nella sua vita ha macinato chilometri e chilometri sui marciapiedi di questa città. Da un paio di anni ha lasciato la Polizia municipale con il grado di maggiore per assumere il comando della Protezione civile comunale, un esercito composto da un autista e due impiegati di concetto. Ci sono i volontari, ma Budroni, avvolto nella sua gigantesca giacca fluorescente, ammette che pochissimi di loro sono addestrati. E racconta: «Olbia è così perché i sindaci degli anni '80 non hanno mai istituito il servizio antiabusivismo. "A dirigere il traffico, a dirigere il traffico" ci dicevano. Gli abusivi erano invisibili. Quei sindaci erano democristiani e un socialista. L'inurbazione si fonda su regole non scritte. A Olbia come in altre parti d'Italia. Condoni in cambio degli oneri di urbanizzazione. L'affare lo fanno in due, a spese di chi si è capito in questi giorni». Budroni è torrenziale come la pioggia: «Qui di alluvioni ce ne sono almeno quattro l'anno. Non siamo attrezzati perché la macchina dei soccorsi è tarata sugli incendi. Anche in quel caso ci vollero i morti: Portisco 28 agosto 1989. Tra le fiamme muoiono 12 persone, a soccorrere i feriti c'è pure un medico casualmente in vacanza da queste parti che proprio in quel frangente si appassiona ai temi della prevenzione. Si chiamava Guido Bertolaso».

Budroni è risucchiato da un gruppo di volontari arrivati da Sennori, un paese vicino Sassari: sono tutti giovanissimi e guidati dal loro sindaco Roberto Desini. Che dice: «Abbiamo portato cibo e vestiti e siamo pronti a dare soccorso a chiunque ne abbia bisogno». Sono volontari non addestrati e disoccupati. I loro visi quasi infantili fanno tenerezza. Tutti si danno un gran da fare ma la macchina degli aiuti s'inceppa a ogni passo. Il coordinamento tra corpi diversi sembra un ostacolo insormontabile: ci sono Polizia, Carabinieri, Esercito, Protezione civile nelle sue tre articolazioni, Vigili del fuoco, Forestale, gli alpini e la Guardia di Finanza. Due grandi depositi, uno di vestiti e l'altro di viveri, sono stracolmi. Spiega l'assessore all'ambiente Giovanna Maria Spano: «Stiamo cercando un capannone libero alla zona industriale. È inutile che ci inviino cibi da cucinare, gli sfollati hanno bisogno di piatti pronti».

Di Olbia e degli anni in cui si è gonfiata fino ad esplodere, la Spano potrebbe scrivere un libro. Dice: «Qui si è arrivati a tombare e deviare il corso dei fiumi che attraversano la città per costruire, costruire, costruire. L'edilizia come unica leva di sviluppo. Olbia ha il record di dispersione scolastica in Sardegna. La Costa Smeralda e la sua ricchezza hanno alterato la percezione della realtà. Sembrava che la festa non dovesse finire mai. E in molti si sono illusi che fosse sufficiente lavorare tre mesi a Porto Cervo e a Porto Rotondo per campare senza far nulla il resto dell'anno».

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