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Questo articolo è stato pubblicato il 22 novembre 2013 alle ore 06:49.

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Comunque vada a finire il voto in assemblea, a guidare davvero il futuro della Banca Popolare di Milano non saranno nè Piero Giarda nè Lamberto Dini. I due anziani e prestigiosi candidati presidenti sono in corsa per il vertice del consiglio di sorveglianza. Ma la vera cabina di comando della Bpm sta nel consiglio di gestione. In banca pochi ricordano che, negli ultimi tre anni, il consiglio di sorveglianza è stato presieduto prima da Filippo Annunziata e poi da Giuseppe Coppini. Ma tutti, all'interno dell'istituto e fuori, hanno ben chiaro che a gestire la banca sono stati il presidente del consiglio di gestione Andrea Bonomi e l'amministratore delegato Piero Montani. Così come tutti ricordano che due anni fa, ai tempi dell'assemblea per definire il dopo-Ponzellini, le scelte dei soci – così come la campagna elettorale – fu basata su chi dovesse guidare la gestione (Andrea Bonomi o Matteo Arpe), relegando in secondo piano il voto sull'alternativa tra Filippo Annunziata e Marcello Messori per la presidenza del consiglio di sorveglianza. Chi guiderà la gestione della futura Bpm? I due capilista non lo dicono. Non è il massimo della trasparenza per una banca che si avvia a chiedere al mercato altri 500 milioni di aumento di capitale. E che – malgrado i numerosi richiami della Banca d'Italia e i ripetuti downgrade delle agenzie di rating – non ha cambiato la governance, ripresentandosi al voto col vecchio "porcellum" che di fatto lascia ai dipendenti-soci, tuttora orientati dagli (ex) Amici della Bpm, la maggioranza dell'assemblea. Non bastano due grandi nomi di garanzia come quelli di Giarda e Dini per avallare una svolta che, per il momento, nessuno vede. Chi si candida ha l'obbligo di spiegare al mercato, ai soci, ai dipendenti e ai vari stakeholders della banca, chi sarà il capoazienda. Subito e con chiarezza. Evitando di alimentare l'idea che la scelta del futuro top management sia il frutto di una trattativa (al ribasso) con i dipendenti per garantirsi i voti in assemblea. (Al.G.)
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