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Questo articolo è stato pubblicato il 22 novembre 2013 alle ore 06:41.
Nel nostro Paese, sulla base dei dati raccolti dalla ricerca di Unioncamere e Fondazione Symbola (2012) e aggiornati con i dati più recenti (2013), che saranno utilizzati come riferimento per tutte le elaborazioni di questa sezione, il sistema delle industrie culturali e creative in senso stretto valeva, sul 2011, il 5,4% del Pil, per passare al 5,8% nel 2012.
Se invece consideriamo una definizione estensiva del sistema delle filiere culturali e creative (che comprende anche parzialmente: educazione e turismo culturale; quella relativa alle produzioni tipiche, alle produzioni di stile, ai trasporti relativi a territori ad alta densità di città d'arte, alle attività connesse all'edilizia in aree di pregio storico-culturale; ricerca sperimentazione nel campo delle scienze sociali, umanistiche e culturali) si arriva, sempre su dati 2011, ad un peso pari al 15% del Pil, che salgono ulteriormente al 15,3% su base 2012.
Considerando che le attività della filiera culturale estesa si servono prevalentemente di idee e contenuti elaborati nella sfera culturale e creativa vera e propria, possiamo quindi costruire alcuni indicatori di un certo interesse.
Un primo elemento da evidenziare è proprio il rapporto che esiste tra la produzione di contenuti culturali tipica del settore culturale non industriale e dell'industria culturale da lato, e la trasformazione di questi contenuti nell'ambito della produzione creativa. Il settore creativo è tipicamente più orientato al mercato e quindi ha una maggiore capacità di creare valore rispetto al settore culturale non industriale e alla stessa industria culturale, e quindi il flusso di trasferimento dei contenuti dalla sfera culturale a quella creativa definisce una sorta di "effetto moltiplicatore" (che opera non dal lato della spesa, come nel caso dei classici moltiplicatori keynesiani, quanto piuttosto dal lato dell'offerta in termini di generazione di contenuti capaci di produrre valore), che è tanto più forte quanto maggiore è la produzione di valore del settore creativo a parità di valore prodotto dal settore culturale.
Dal punto di vista degli effetti moltiplicativi, lo scenario 2012 presenta una significativa divaricazione tra il moltiplicatore delle industrie creative, pari a circa il 2,1, e quelli dell'industria culturale e delle performing arts e intrattenimento, ambedue fermi a 1,2: un segno della diversa capacità dei comparti nel reagire alle pressioni e alle opportunità dei mercati in un momento di profonda crisi e di aggiustamento strutturale. D'altro canto è da registrare il moltiplicatore pari a 2 del patrimonio storico-artistico, nel quale si registra quindi una buona resilienza al contesto di crisi pur in presenza di uno scenario di risorse sostanzialmente decrescenti.