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Questo articolo è stato pubblicato il 23 novembre 2013 alle ore 13:53.
L'ultima modifica è del 23 novembre 2013 alle ore 14:19.

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Luca Toni e Sergio Pellissier (Lapresse)Luca Toni e Sergio Pellissier (Lapresse)

Come se il Brera, inteso come il quartiere di Milano, trovasse il modo di arrampicarsi sul calcio italiano fino ad arrivare a sfidare sullo stesso campo il Milan o l'Inter. Roba da strappare il sorriso soltanto a pensarci. Una sfida intestina da porta a porta. Come un derby, forse più. Ma l'esempio potrebbe essere esteso anche alle altre città della Penisola. Storie al limite dell'improbabile per ragioni diverse da far vivere a colpi di battute e sberleffi da bar dello sport.

Non può accadere, non accadrà, soprattutto nel campionato di vertice, si è detto per decenni. Fino all'esplosione del fenomeno Chievo, che negli anni Novanta si trasforma poco alla volta da una squadretta di periferia, comodo e rasserenante passatempo della domenica, a una realtà di tutto rispetto del pallone tricolore. Dal 2001, pure se alti e bassi più che comprensibili, i mussi volanti fanno parte della comitiva della Serie A. E oggi pomeriggio, ore 18, giocherà in trasferta senza però macinare un chilometro in più rispetto a quando si esalta davanti al proprio pubblico. Sì, oggi è il grande giorno di Verona-Chievo, il derby che più derby non si può tra due club che si conoscono da vicino dalla notte dei tempi e che però non vedono l'ora di superarsi per affermare la supremazia nella città di Romeo e Giulietta.

La prima volta non si scorda mai. Diciotto novembre 2001. Il Chievo di Gigi Delneri, fresco di promozione nel torneo delle grandi, si presenta al Bentegodi con il vestito delle grandi occasioni. Ha iniziato benissimo e non ha alcuna intenzione di far crollare il proprio castello al cospetto dei cugini guidati da Alberto Malesani, che pure non stanno facendo male e sono reduci da un pareggio interno schioppettante con la Juventus (2-2). Verona e Chievo sono alla "prima" in Serie A e la città fa festa. Il rione contro la città, sa di rivolta d'altri tempi ma per fortuna tutto si risolve con novanta minuti di passione e sfottò e un giro di vino nelle osterie cittadine. Per l'occasione, fanno visita al Bentegodi, fortino comunale spartito da tempo per necessità e dovere, circa 40mila persone. Poi, il fischio d'inizio. L'attesa lascia spazio alla poesia e i ventidue in campo si fanno poeti.

Apre le danze al 33' del primo tempo tal Eriberto, brasiliano sbarcato in Italia da giovanissimo con la speranza di diventare uomo da copertina. Si scoprirà qualche mese più tardi che in verità si chiama Luciano, ma questa è un'altra storia. Chievo avanti 0-1, Verona colpito ma non affondato. Una manciata di secondi dopo ed arriva il colpo che potrebbe chiudere la gara. Rigore assegnato a Eugenio Corini: gol, 0-2. Malesani scalcia e sbuffa, Delneri si liscia i baffi e si gode il momento. Al 40' cambia l'inerzia della partita. Complice un altro rigore, assegnato questa volta al Verona. Se ne incarica Massimo Oddo. Rincorsa, rete. Sugli spalti, è gioia mista a sofferenza. E' derby vero, derby da fiato corto e sudori freddi, freddissimi.

Quando mancano venti minuti alla fine dell'incontro, un altro fulmine, che spedisce in paradiso i tifosi della grande città e lascia nello sconforto il quartiere che si è fatto metropoli. Lanna annaspa e firma un autogol che regala il pareggio al Verona: 2-2. Tutto finito? Pari e patta e tutti a festeggiare? La risposta resiste nell'aria del Bentegodi per tre minuti tre. Finché Mauro German Camoranesi, la nuova stella argentina del campionato italiano, non firma il sigillo che cambia gli equilibri e stravolge la sfida. Finirà 3-2 per il Verona. Chievo prima in estasi poi sconfitto e abbattuto.

La stagione 2001-02 si concluderà benissimo per una squadra e malissimo per l'altra. Il Chievo centra la qualificazione in Coppa Uefa e dà il via a una favola che non ha ancora smesso di affascinare e sorprendere. Il Verona saluta la A per un punto di differenza sull'Udinese e si accomoda nella serie cadetta, in cerca di miglior fortuna.

Oggi pomeriggio andrà in scena quella per molti hanno già definito la rivincita di dodici anni prima. Sono cambiati gli scenari. Il Verona neopromosso si è fatto bello e straripante e con la coppia Toni-Iturbe sta modellando un piccolo grande miracolo della provincia pallonara made in Italy. Il tecnico Mandorlini è un treno in corsa. Chiede calcio di qualità e quantità e riceve consensi e risultati.

Diversa la situazione del Chievo, ultimo in classifica con sei punti in dodici partite. Al comando della truppa del quartiere c'era Giuseppe Sannino, ora non c'è più. Esonerato dal presidente Campedelli, solitamente distante alle logiche dell'alternanza in panchina, ha lasciato il posto a Eugenio Corini, un ex che più ex non si può. Ha giocato due anni nel Verona e poi è diventato bandiera e riferimento del Chievo. C'era anche lui nel novembre 2001 e farà il possibile per consegnare un nuovo sogno ai suoi tifosi. Il derby di Verona è una cosa seria. Il Bentegodi una culla per re.

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