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Questo articolo è stato pubblicato il 23 novembre 2013 alle ore 08:29.

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OLBIA. Dal nostro inviato
L'oggetto della missiva mette subito le cose in chiaro: «Attività volta a prevenire e fronteggiare emergenze di natura idrogeologica».
I destinatari sono l'onorevole Presidente del Consiglio dei ministri, il prefetto di Sassari, il dipartimento nazionale della Protezione civile e il governatore della Giunta regionale sarda. La lettera reca la data dell'otto novembre 2011, quattro giorni dopo la catastrofica alluvione che ha sommerso Genova. L'inquilino di Palazzo Chigi è Silvio Berlusconi e a villa Devoto, la sede cagliaritana del presidente della Giunta sarda, siede il suo pupillo ed ex commercialista Ugo Cappellacci. A scrivere è il sindaco di Olbia Gianni Giovannelli, succeduto all'altro amico e medico di Berlusconi, Settimo Nizzi, dal 1997 al 2007 ininterrottamente primo cittadino del capoluogo, con Tempio Pausania, del Nord-Est della Sardegna.
Che dice Giovannelli alla massima autorità dell'Esecutivo e al capo della Regione? «Pongo alla vostra attenzione la grave situazione relativa al significativo rischio idrogeologico del territorio che rappresento, verificata con apposite ricognizioni dalla Protezione civile nazionale, regionale e dal genio civile». I tecnici attestano «le criticità che impediscono un adeguato deflusso delle acque in presenza di intense precipitazioni». Né più né meno la situazione che si è ripresentata agli olbiesi e agli italiani domenica 17 e lunedì 18 novembre 2013. Giovannelli cita due eventi alluvionali che hanno travolto la città in passato: il quattro novembre 2008 e il 2 e 3 marzo del 2011. E stima in 27 milioni gli interventi per «la realizzazione delle opere di mitigazione del rischio stesso». Ma dice di più. E mette nero su bianco che né la Protezione civile nazionale e regionale né la Regione hanno alzato un sopracciglio sulla eventualità di finanziare le opere che ben prima del novembre del 2011 appaiono improcrastinabili. Sono termini forse un po' pomposi e burocratici, che però hanno il pregio di descrivere la drammaticità di una realtà che in questi giorni è stata più o meno dettagliatamente raccontata dai giornali di mezzo mondo. Il sindaco di Olbia, immaginando l'idem sentire di istituzioni che solitamente drizzano le antenne, con cordoglio incorporato, solo quando i chiodi sono stati piantati sulle bare, veste i panni della Cassandra. E profetizza: «Al fine di evitare la perdita di vite umane, come accaduto in altre località italiane, si chiede l'intervento della presidenza del Consiglio». Il sindaco non bussa a quattrini. I soldi in cassa ci sono. All'epoca 32 milioni depositati nei forzieri della Banca d'Italia e otto nelle casseforti degli istituti di credito locali, quattrini che il patto di stabilità impedisce di investire anche per opere di riequilibrio idrogeologico di un territorio negligentemente antropizzato.
In coda alla missiva 12 allegati con gli atti, le relazioni, le note di tutti gli organi statuali e locali che avevano deliberato in materia.
Chi lo spiega ai familiari delle vittime di questa sciagura che lo sterile dibattito sul debito pubblico, il rapporto deficit Pil, la Merkel, Bruxelles e la moneta unica sono tra le cause primarie di una catastrofe climatica? E che per riparare la devastazione di Cleopatra quei 27 milioni contabilizzati due anni fa dovranno essere moltiplicati per dieci? Con la postilla di uno Stato e una Regione speciale avari di potere decisionale prima di una tragedia ma munifici e in guanti bianchi dopo i funerali.
I 191 sfollati che non hanno trovato ospitalità tra parenti e amici sono stati giustamente accolti in hotel a quattro stelle di Olbia dove una camera costa 110 euro a notte e un "branzino con purè e verdure" 20 euro. Calcolato che negli stessi alberghi sono scesi alcuni rappresentati delle istituzioni e ufficiali delle forze armate accorsi in questi giorni sul luogo del disastro e inevitabilmente a carico del bilancio pubblico, c'è di che riflettere su patti di stabilità e zavorra del debito sospesi sine die causa catastrofe naturale.
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