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Questo articolo è stato pubblicato il 24 novembre 2013 alle ore 15:28.
L'ultima modifica è del 24 novembre 2013 alle ore 18:19.

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NEW YORK – A Ginevra ieri si e'aperta una porta politica, non si è cancellato il pericolo che l'Iran abbia una bomba atomica in tempi brevi. Ed è sull'apertura politica, sull'avvio del dialogo fra Washington e Teheran che si punta tutto. Ma proprio per questo occorre una distinzione sulla componente "storica" dell'accordo a Ginevra fra l'Iran e il 5+1 per la sospensione di certi programmi di arricchimento dell'uranio.

L'accordo non è storico, L'Iran sospende per soli sei mesi i suoi progetti nucleari, ma non ci sara' smantellamento neppure per una centrifuga per l'arricchimento dell'uranio ne' una cancellazione del programma, che e' quello che l'occidente aveva sempre proposto come soglia minima a partire dal documento Solana appena alcuni anni fa. Gli obiettivi di smantellamento restano, ma fanno parte del negoziato e sono stati rimandati a un secondo tempo, come ha detto il segretario di Stato John Kerry.

Storica invece e' la ripresa del dialogo fra Stati Uniti e Iran, storici sono i cinque viaggi segreti in Iran di William Burns, che hanno creato i presupposti per l'apertura di un dialogo pubblico e diretto fra la Casa Bianca e Teheran. L'Iran di Rohani e l'America di Obama cercano di ricostruire un rapporto congelato per oltre 30 anni. Ed e' su questo che punta l'amministrazione per continuare il dialogo e per migliorare fra sei mesi un accordo che per ora e' solo a vantaggio dell'Iran: le sanzioni erano state imposte perche' l'Iran non voleva rinuciare al suo programma atomico, oggi una parte delle sanzioni, circa 6-7 miliardi su un totale di circa 16 0 17 miliardi vengono eliminate in cambio di una semplice sospensione.

Dal punto di vista tecnico infatti l'accordo di Ginevra non prevede che le centrifughe per l'arricchimento dell'uranio siano smantellate, non prevede neppure che i reattori ad acqua pesante di Arak per la produzione di plutonio siano convertiti ad acqua leggera. L'Iran di fatto ha accettato di sospendere per sei mesi il suo progetto di arricchimento dell'uranio al livello del 20%, quello necessario per l'utilizzo militare dell'uranio e di distruggere lo stock di uranio arricchito al 20%. Ma il tempo che ha guadagnato l'America nei confronti dell'Iran e' minimo: secondo gli esperti, da uno o due mesi per la costruzione di un'atomica si passera' a due/quattro mesi, pochissimo dal punto di vista storico se pensiamo che l'Iran e' ormai giunto alla fine di un cammino decennale.

Eppure, anche se l'accordo e' monco e non garantisce che fra sei mesi l'Iran ricominci da capo e' pur sempre un passo in avanti importante, come ha detto lo stesso Kerry:" prima di procedere con altre ipotesi di intervento, che restano sempre sul tavolo, dovevamo dare il massimo delle chanche dalla diplomazia". Ma il recupero "storico" del dialogo fra Iran e Stati Uniti presenta anch'esso dei rischi evidenti: se e' cambiata la leadership, a Teheran non e' cambiato il regime. Gli equilibri della regione restano fragili e sul piano della sostanza non c'e' dubbio che la ripresa del dialogo Iran Stati Uniti ha un impatto forte su una regione spaccata fra Islam di matrice Sciita e Islam sunnita cone tutte le sue ramificazioni dalla Siria al Libano.

Per questo ieri l'Arabia Saudita ha preso le distanze sia dall'accordo che dal dialogo. Per questo Benjiam Nethaniahu ha detto:" A Ginevra non c'e' stato un accordo storico, c'e' stato un errore storico". I sauditi hanno fatto sapere che procederanno per proteggersi da conseguenze nefaste di questa sospensione delle sanzioni prima di aver ottenuto nulla di davvero concreto. Come? Procurandosi un'atomica anche loro. Hanno gia' pagato il Pakistan per una consegna di un'atomica in caso di necessita'. La proliferazione nella regione e' dunque gia' una realtà.

E' per questo che ieri a Washington le reazioni a caldo sull'accordo sono state di prudenza e realismo, e' per questo che al Senato anche sostenitori dell'amministrazione come Chuck Schumer sono i sintonia coi repubblicani quando si parla di nuove sanzioni. Non c'e' dubbio che il Senato le considerera' e forse le approvera' anche, ma ci sara' un gap di sei mesi proprio per verificare se gli accordi dell'amministrazione funzionano davvero e, soprattutto, se porteranno agli obiettivi voluti, quelli cioe' di una cancellazione, non di una semplice sospensione del programma atomico militare iraniano.

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