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Questo articolo è stato pubblicato il 27 novembre 2013 alle ore 06:53.

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ADRO (BRESCIA). Dal nostro inviato
La piccola crescita del 2014 è affidata ai prodotti piani, alle speranze di ripresa dell'automotive e dei tubifici. Più attardati i produttori di lunghi, zavorrati dal mercato interno e con l'export legato a un solo paese, l'Algeria che, comunque, dovrebbe garantire ancora consumi consistenti.
La grande fetta della siderurgia è ormai apannaggio di Cina, Brasile e India, che cresceranno ancora a tassi del 6-8%, o degli emergenti come la Turchia, che vanta produttori verticalmente integrati che possono beneficiare di un bacino in forte espansione. È il quadro emerso ieri durante lo Steel market outlook organizzato dal portale siderurgico Siderweb ad Adro (Brescia), per interrogare la community di produttori, fornitori distributori e utilizzatori sul futuro del mercato dell'acciaio. Gli analisti di Siderweb, Achille Fornasini e Gianfranco Tosini, hanno evidenziato la spaccatura tra paesi emergenti in crescita e Europa in difficoltà. E all'interno della Ue, l'Italia è, con la Grecia, la più attardata verso la ripresa. La produzione italiana di acciaio si è ridotta del 13,6% nei primi 10 mesi del 2013, rispetto allo stesso periodo del 2012, contro il -3,8% europeo. Il calo maggiore è stato quello nei piani (-22%), -5 invece la frenata nei lunghi. Eurofer stima per l'anno prossimo una crescita della produzione di acciao del 2,1 per cento. In Italia, a parte le costruzioni, tutti i settori registreranno timidi segnali di ripresa. Il primo semestre vedrà un andamento ancora ondivago, che si stabilizzerà nella seconda parte. Numeri lontani, però, dai livelli pre-crisi. C'è la consapevolezza che gli scenari precedenti al 2007 sono ormai improponibili. «I paesi emergenti lo confermano – ha spiegato Tommaso Sandrini, ad di San Polo lamiere, in rappresentanza dei distributori – la crisi non c'è, il mondo sta bene. Dobbiamo lavorare su asset intangibili come organizzazione e logistica».
Il settore va verso una selezione. Alberto Nichelatti, purchasing manager di Leitner, ha spiegato di avere «perso fornitori per strada perché non sono stati in grado di seguire le nostre esigenze, sia sul piano estetico che meccanico». Leitner, che ormai vende sempre di più sui mercati extraUe (dagli impianti sciistici ha diversificato nella mobilità urbana) chiede prelavorazioni specifiche e flessibilità: «Sono convinto che l'acciaio italiano abbia una marcia in più, ma non sono contrario a priori ai cinesi – ha aggiunto Nichelatti –. In questi anni abbiamo dovuto dimezzare i tempi di fornitura». Tempi più brevi e maggiore qualità sono anche i paradigmi seguiti da Paolo Pozzi, managing director di Agrati. Come conferma Giancarlo Colombini di Abs, i prodotti cambiano, si innovano, il mercato accoglie nuovi standard e la sfida dei produttori è valorizzare al meglio le richieste di mercato. Anche in un settore delle costruzioni allo stremo, per esempio (secondo Gianmaria Rizzi della Cmm f.lli Rizzi «l'unica occasione concreta è legata all'Expo»), non bisogna cercare più i volumi, secondo Giuseppe Manni, presidente dell'omonimo gruppo, «ma proporre soluzioni nuove: ecologiche, ignifughe, antisismiche. E anche il prodotto di conseguenza deve cambiate»
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