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Questo articolo è stato pubblicato il 27 novembre 2013 alle ore 06:45.

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LONDRA. Dal nostro corrispondente
L'occasione lo meritava e Alex Salmond primo ministro di Scozia e leader dello Scottish National party (Snp), non l'ha mancata, sfoderando tutto l'armamentario del nazionalismo d'antan. «L'indipendenza - ha scandito - renderà il popolo scozzese responsabile del proprio destino», prologo a una lunga lista di promesse ben documentate in un programma di 649 pagine, format per l'indipendenza che tanti (ma non troppi, si veda il grafico) sperano verrà.
E non solo nei dintorni di Edimburgo, se la lotta degli epigoni di Braveheart sarà stata vinta con un "sì" al referendum del 18 settembre 2014. Il decalogo scozzese potrebbe, infatti, divenire prototipo per i movimenti indipendentisti d'Europa, a cominciare dalla scalpitante Catalogna. Snp ci crede, a dare retta almeno a Nicola Sturgeon, vice di Salmond, che alla conferenza di Glasgow - dove la piattaforma è stata pubblicamente battezzata - s'è spinto così in là da dire che «questo è il più dettagliato progetto mai preparato per un Paese alla ricerca di indipendenza».
È probabile, nonostante le peculiarità non manchino. Una Scozia indipendente non pensa alla repubblica, ma mantiene Elisabetta II come sovrana. Una Scozia indipendente non pensa allo scottish pound, ma s'aggrappa a quello britannico, riconoscendo la centralità della Banca d'Inghilterra. Una Scozia indipendente, però, si libera dei sommergibili nucleari Trident ancorati nelle acque del Clyde, in ossequio al pacifismo che rivendica un piccolo Stato di cinque milioni di abitanti, pronto a mimare le dinamiche di amici vicini.
La Scozia dei nazionalisti, infatti, guarda all'Irlanda per la politica sulla corporation tax. Se nel corso del primo mandato Parlamentare, Alex Salmond, promette di disinnescare i Trident, poco dopo giura di voler abbattere di almeno 3 punti la tassa sulle imprese che in Gran Bretagna veleggia verso il 20%, rasoterra se paragonata con qualsiasi altri realtà d'Europa, eccezion fatta per Dublino.
La tabella indipendentista più che una marcia immagina una corsa in caso di vittoria dei "sì" al referendum. In 18 mesi dovrà essere negoziata l'adesione all'Ue, ma Edimburgo continuerà a mantenere l'unione doganale e di frontiera con quel che resterà di un Regno "disunito".
La Royal Mail, oltre il Vallo, tornerà pubblica, mentre agli immigrati più qualificati saranno aperte le porte sulla base di visti concessi in base a punteggi di merito. Il petrolio del Mare del Nord dovrà restare "scottish" nonostante dai pozzi escano molti meno barili del passato. Anche per questo molti osservatori restano scettici sulla reale possibilità di una riscrittura del patto sociale che Alex Salmond già immagina.
Che si tratti di una richiesta di indipendenza "a la carte", con piatti da ordinare e altri da ignorare in una dinamica che mima le relazioni fra Londra e Bruxelles, non è mai stato tanto evidente. Alistair Darling, laburista scozzese, ex Cancelliere di Gordon Brown, leader del movimento "Better Together" contrario all'indipendenza, è stato esplicito. «Il documento illustrato è una fiction. È pura fantasia dire che possiamo lasciare il Regno Unito mantenendo i vantaggio dell'unione, è una raccolta di promesse false e considerazioni insensate».
Il punto più debole riguarda la volontà di mantenere la sterlina inglese. Un'intenzione che ha spinto gli oppositori a incalzare Alex Salmond con una raffica di interrogativi. «Che moneta useremo? Chi fisserà i tassi d'interesse? Quanto dovranno salire le tasse? Chi pagherà le pensioni in futuro?». Tema non da poco quello previdenziale visto che Snp minaccia di non accettare la quota di debito nazionale che le cadrebbe sulle spalle in caso di secessione.
Un quadro dove le ombre oscurano le luci. A parere, almeno, degli elettori che per ora sono nettamente contrari con una media di "sì" che oscilla fra il 32 e il 38% e i "no" stabilmente sopra il 47%. Numeri che lasciano ai soliti incerti l'ultima parola.
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