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Questo articolo è stato pubblicato il 28 novembre 2013 alle ore 06:48.

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BOLOGNA
Chimica ambientalista. È l'ossimoro attorno al quale si gioca lo sviluppo economico sostenibile e inclusivo del Paese. È l'alternativa ai modelli di crescita in cui si è incancrenita la crisi. È il sodalizio che si è celebrato ieri a Bologna tra Eni e Legambiente, la più grossa impresa energetica italiana e l'associazione ambientalista per antonomasia, in occasione della VI Conferenza internazionale Energythink, che si è tenuta all'Alma Mater sotto l'ombrello "Green chemistry, a first step towards bioeconomy". Un titolo dedicato agli studenti e ai giovani ricercatori che hanno riempito l'aula magna dell'ateneo e richiama l'imperativo di muoversi lungo un sentiero di innovazione e industrializzazione nella chimica verde, «perché l'Italia è leader indiscussa per idee e tecnologie – afferma Daniele Ferrari, ceo di Versalis, l'azienda chimica di Eni – ma ancora troppo lenta nell'implementazione», stretta tra pastoie politiche e veti ecologisti.
Come modello di green inclusive & sustainable economy Ferrari porta il progetto Matrica, la joint venture tra Eni Versalis e Novamont – i due big energetici protagonisti della giornata bolognese – all'insegna della chimica verde per riconvertire lo stabilimento di Porto Torres a produzione di biolubrificanti e biointermedi chimici. «I primi due impianti, sui sei in programma, saranno operativi nel primo trimestre 2014 – annuncia il ceo dell'ex Polimeri Europa, 6,8 miliardi di fatturato e 5.800 dipendenti – con una capacità produttiva di 100mila tonnellate sulle 300mila a regime. Si tratta di un investimento complessivo di oltre 500 milioni di euro solo per la parte chimica, cifra che arriva a 1,2 miliardi con le opere di bonifica e le centrali a biomasse».
Progetti che testimoniano un cambio di paradigma, «un nuovo concetto di saggezza nell'uso dei mezzi tecnici della bioeconomia e di una visione sistemica che guarda allo sviluppo di lungo termine e alla qualità di vita sul pianeta», sottolinea Catia Bastioli, ceo di Novamont, l'ex centro ricerche Montedison leader nelle bioplastiche, passato dai 30 ricercatori degli anni Novanta agli attuali 300, a conferma che nel Paese si fa innovazione chimica d'avanguardia e «che anche una società petrolchimica tradizionale come Eni ha enormi opportunità da cogliere e da offrire ai suoi 6mila dipendenti per garantire loro uno sviluppo sostenibile», aggiunge Ferrari. E ricorda i 350 brevetti già licenziati da Versalis e le sperimentazioni in corso per coltivare in Italia il Guayule, l'arbusto originario delle riserve indiane d'America da cui si ricavano gomma naturale anallergica (a bassissimo contenuto di proteine), olii essenziali e bioenergia con impatto ambientale minimo. Una gomma che ha già attirato l'attenzione di Pirelli, con cui Versalis ha firmato un accordo per spostare la produzione su scala industriale, al termine di due anni di ricerca congiunta.
A muoversi in sintonia lungo la via della chimica verde è ora anche la politica. Il Governo ha stanziato quest'anno 42 milioni per il cluster Greenchem, segno tangibile di una nuova attenzione condivisa focalizzata sul tema strategico della riconversione manifatturiera. «Filone su cui è importante lavorare in squadra per canalizzare le diverse competenze industriali e universitarie e i 70 miliardi di euro messi in campo da Horizon 2020», sottolinea il prorettore per la ricerca dell'Alma Mater, Dario Braga.
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