Pensioni, ecco perché i precari incasseranno il 30% meno di chi ha un lavoro continuativo
Le rendite pensionistiche sono parametrate ai contributi versati. Per questo chi avrà minore continuità lavorativa va incontro a pensioni decisamente inferiori a quelle che potrà incassare chi svolge un'attività senza buchi contributivi. L'elaborazione, messa a punto dal professor Vincenzo Galasso, sarà presentata oggi in occasione degli Stati Generali delle Pensioni, organizzata dall'Università Bocconi e da Deutsche Bank. Vediamo alcuni casi concreti.
di Marco lo Conte
2. Pensioni precarie / I "perm" in fase di crescita modesta
(Corbis)
Diverso il destino di chi invece riesce ad avere una continuità lavorativa e contributiva - i "permanenti" o "perm" - per gli stessi anni di lavoro del lavoratore di prima. Per costoro, un tasso di sostituzione tra primo assegno pensionistico e ultimo stipendio sarà pari all'87%, che sale al 93% se si decide - o si può - procrastinare la quiescenza a 67. A parità di stipendio i due 65 anni avranno come pensione annua l'ex precario 1070 euro al mese contro i 1390 euro al mese di chi ha avuto una carriera continuativa. Redditi differenti del 30%, a fronte di un tasso di sostituzione diverso del 5%.
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