Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 03 dicembre 2013 alle ore 13:30.

My24

Quarto giorno di mobilitazione a Kiev: la protesta contro l'allontanamento dall'Unione europea vive tra le strade - divise tra migliaia di dimostranti pro-Europa e i sostenitori del Partito delle Regioni, che fa capo al presidente Viktor Yanukovich - e le aule della Verkhovna Rada, il Parlamento dove l'opposizione ha preteso un dibattito d'emergenza ma non è riuscita a far passare la sfiducia al Governo. In aula il primo ministro Mykola Azarov, sovrastato dai fischi, ha invitato i deputati a non volere un'altra Rivoluzione arancione, la protesta che nel 2004 costrinse Yanukovich a rinunciare a un'elezione definita truccata. La mozione di sfiducia ha raccolto 186 voti a favore sui 226 richiesti.

Fuori dalla Rada, di fronte al mare di bandiere oro e blu che si fondono con quelle della Ue, le forze di sicurezza hanno rinsaldato l'anello dei Berkut, gli agenti anti-sommossa protagonisti degli scontri di sabato e domenica in cui, tra percosse, lanci di lacrimogeni e granate stordenti, decine di persone sono rimaste ferite. La polizia «è andata un po' oltre», ha ammesso lo stesso Yanukovich, e in aula Azarov ha chiesto scusa per il comportamento brutale dei Berkut.

«Voglio sottolineare ancora una volta che la nostra protesta è pacifica, e mi rivolgo alla polizia», ha ripetuto il campione di boxe Vitalij Klitschko, che alla guida del partito Udar (pugno) sta diventando uno dei volti più popolari della protesta. In Parlamento il dibattito continua con una mozione per far liberare Yulia Tymoshenko, l'eroina della Rivoluzione arancione, che è in ospedale sotto scorta a Kharkiv e deve scontare una condanna a sette anni per abuso di potere: si era cercato più volte di trovare un'intesa tra i deputati quando ancora sembrava possibile arrivare a una firma dell'Accordo di associazione alla Ue. Alla Rada il Partito delle Regioni ha la maggioranza, ma per far passare la sfiducia i leader dei partiti di opposizione contavano sul fatto che alcuni deputati del partito del presidente si sono detti delusi dal retromarcia di Yanukovich nei confronti dell'Europa: ora, senza l'avvallo del Parlamento, diventa più difficile immaginare che prospettive potrà avere la protesta nelle strade.

Accanto alle dimissioni del governo e del premier Azarov, l'opposizione vuole quelle del presidente. Il quale, malgrado la situazione, è partito martedì mattina per la Cina. Un viaggio di tre giorni, in cui è prevista la firma di alcuni accordi economici, quasi a dimostrare che tra Russia ed Europa c'è qualcuno altro a cui rivolgersi per avere aiuti finanziari, o per lo meno per alzare la posta. «Dobbiamo difendere i nostri interessi», aveva ripetuto Yanukovich prima di partire, difendendo la rinuncia all'Accordo con Bruxelles.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi