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Questo articolo è stato pubblicato il 04 dicembre 2013 alle ore 06:47.

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Licenziamento di un quinto dei dipendenti e chiusura permanente di un terzo della capacità produttiva. La canadese Potash Corp of Saskatchewan, uno dei big del potassio, ha reagito a colpi di scure alla crisi nel settore dei fertilizzanti, legata in gran parte al crollo del cartello russo-bielorusso Bpc. La decisione choc di Uralkali, che lo scorso luglio ha divorziato da Belaruskali, ha fortemente frenato un mercato che già soffriva per l'indebolimento della domanda nei Paesi emergenti. I prezzi del potassio sono crollati, riducendosi per Potash Corp del 28% nel 3° trimestre, a 307 $/tonnellata, mentre i volumi di vendita nello stesso periodo sono scesi da 2,1 a 1,5 milioni di tonn.
La recente rivoluzione della compagine azionaria di Uralkali potrebbe forse preludere a una riconciliazione con Belaruskali. Ma il gigante canadese dei fertilizzanti evidentemente non ha alcuna fiducia in una pronta ripresa del mercato, dopo la rottura dell'alleanza tra i concorrenti, che il ceo Bill Doyle non esita a definire «la cosa più stupida che abbia mai visto».
Il gruppo canadese stavolta non si accontenta, come ha spesso fatto in passato, di limitare temporaneamente la produzione per sostenere i prezzi. Tra Canada, Stati Uniti e Trinidad saranno licenziati 1.045 dipendenti, il 18% del totale, e verranno chiuse o rallentate diverse miniere e impianti di lavorazione, non solo di potassio, ma anche di fertilizzanti a base di azoto e fosfati. Una ristrutturazione di dimensioni che Potash Corp non affrontava dal 1987. «Ci stiamo semplicemente adeguando alle condizioni del mercato attuali e del prevedibile futuro», ha commentato Doyle. La società risparmierà 15-20 $/tonn. sui costi di produzione dei sali di potassio nel 2014 , ma grazie anche alle ampie scorte sarà in grado di venderne oltre 10 milioni di tonnellate.
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