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Questo articolo è stato pubblicato il 04 dicembre 2013 alle ore 11:26.
L'ultima modifica è del 04 dicembre 2013 alle ore 17:40.

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La lunga e finora sterile trattativa sulla legge elettorale potrebbe arrivare a un primo risultato: nelle ore in cui la Corte costituzionale è chiamata a esprimersi sul Porcellum - con la prospettiva che la bocciatura dell'attuale sistema voto sancisca il ritorno al Mattarellum - la mediazione tra i partiti di maggioranza - il Pd che domenica incoronerà Matteo Renzi nuovo segretario, e il neonato Nuovo centrodestra preoccupato di non restare schiacciato tra i democratici e Forza Italia - potrebbe portare all'introduzione del sistema francese, vale a dire con il doppio turno di collegio.

A confermare quanto anticipato dal Sole 24 Ore oggi in edicola, sono le parole di Gaetano Quagliariello che ha spiegato come da parte della forza guidata da Angelino Alfano non ci siano «preclusioni di sorta» rispetto al doppio turno. Verrebbe così meno un veto storico del centrodestra che, insieme a quello sui collegi uninomali, rendeva il sistema francese (gradito invece al Pd) non proponibile.

Regista dell'operazione è il Governo. La proposta francese è il risultato della mediazione del ministro dei Rapporti con il Parlamento Dario Franceschini tra il doppio turno di coalizione (la proposta di Roberto D'Alimonte fatta propria da Luciano Violante) e il Mattarellum "rivisitato" (soluzione gradita a Renzi che prevede la trasformazione del 25% proporzionale in un premio di maggioranza).

Il Governo è in campo, insomma. Pronto a fare la propria parte e, se fosse necessario, a "scavalcare" i partiti se questi non fossero in grado, ancora una volta e neanche di fronte all'intervento della Consulta, di arrivare a una soluzione. «Se il Parlamento - spiega ancora Quagliariello - non dovesse riuscire a varare la nuova legge elettorale, «interverrà il Governo, non per decreto, ma in un altro modo». Intervento del quale farebbe parte anche un superamento del bicameralismo perfetto. «Questo Governo, tra i suoi punti programmatici, aveva e ha la riforma delle istituzioni. Io credo che l'Italia debba cambiare il proprio assetto istituzionale, non possiamo più permetterci di avere due Camere che fanno la stessa cosa».

Intanto il Senato prova a muoversi dopo il lungo stallo che ha portato a ipotizzare (anche da parte del presidente di Palazzo Madama Pietro Grasso) il passaggio del dossier alla Camera. La commissione Affari costituzionali ha istiutito un comitato "ristretto" per l'esame della legge elettorale. Iniziativa presa dalla relatrice del testo Doris Lo Moro (Pd) che non è piaciuta affatto («gravissima») alla collega di partito Isabella De Monte, vicina a Renzi. «Non ho partecipato al voto per evidenziare il mio totale dissenso - ha spiegato De Monte -. Abbiamo ampiamente verificato l'impossibilità di trovare un accordo su una buona legge elettrale, tanto che il presidente Grasso ha ipotizzato il giusto trasferimento del procedimento alla Camera. La scelta della Commissione serve a perdere altro tempo. Dispiace che il Pd l'abbia avvallata insieme al padre del Porcellum, il senatore Calderoli».

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