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Questo articolo è stato pubblicato il 06 dicembre 2013 alle ore 13:46.
L'ultima modifica è del 06 dicembre 2013 alle ore 15:21.

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Il pm Catello Maresca (ImagoEconomica))Il pm Catello Maresca (ImagoEconomica))

Manca solo la musica di Nino Rota e la scena è perfetta per il remake de «Il Padrino»: la sposa, figlia del boss casalese, che arriva in chiesa a bordo di una macchina d'epoca costosissima tra gli applausi degli invitati. Quell'auto è il regalo più prezioso ricevuto dalla coppia, quel giorno. Viene direttamente da Palermo. È il dono di nozze di don Vincenzo La Placa, uomo d'onore di Cosa nostra. Tra i più vicini a Totò Riina.

C'è anche un po' di Corleone nell'ultima inchiesta anticamorra condotta dal pm napoletano Catello Maresca che ha portato in manette 35 affiliati al gruppo campano dei La Torre, malapianta che infesta le aree a ridosso del litorale domizio con base operativa a Mondragone e amicizie assai forti a Casal di Principe. Un'associazione criminale spietata che ha avuto come capo, fino al pentimento, il boss Augusto La Torre. Uno che in carcere invece di dedicarsi alla palestra e ai tatuaggi leggeva Freud e Lacan e che si è laureato, sempre dietro le sbarre, in Psicologia.

Soffia un vento siciliano tra le pagine dell'ordinanza di custodia cautelare che, scardinando una rete imponente di estorsori e trafficanti di droga, si trova a puntare i riflettori anche sui rapporti d'affari tra i casertani e i siciliani. Tra i «bufalari» e i «viddani». Il collegamento è proprio la famiglia La Placa. Agli atti dell'inchiesta del pm Maresca spunta il nome della figlia di don Vincenzo, Katia. Socia di Antonino Ciaravello, genero di Totò Riina per averne sposato la figlia Maria Concetta, nella «T&T Corporation Ltd» con sede a Londra «società nota – c'è scritto nelle carte dell'indagine – per i divorzi lampo». E amica di Mario Procacciante, affiliato al gruppo mafioso di Nitto Santapaola.

I contatti con lei e con il più famoso (e temuto) papà, in provincia di Caserta, li tiene il reggente dei La Torre. Si chiama Carlo Di Meo. Il suo cellulare – scoprono gli inquirenti – compone decine di volte lo «091», il prefisso di Palermo. È lui il padre della sposa cui è stata regalata la vettura d'epoca. Ed è sempre lui, secondo gli inquirenti, ad aver chiuso l'accordo siculo-campano per gestire il ricco business delle truffe e dei furti di auto e camion. Un «giro» solo apparentemente minore, ma che porta ingenti profitti da riciclare in Italia e all'estero. Gli investigatori seguono per un po' le mosse dei casertani e dei palermitani, ma è chiaro che – astuti come sono – lasciano poche impronte digitali. Tant'è che il gip Francesco De Falco Giannone è costretto ad ammettere: «Nel corso del monitoraggio delle conversazioni, comunque, anche se per alcune vi è il sospetto della consumazione di reato, non sono emersi indizi nei confronti dei componenti della famiglia La Placa, tali da configurare ipotesi di reato a carico degli stessi, ma sufficienti per avvalorare il sospetto che anche Vincenzo La Placa possa essere coinvolto in episodi di truffe e furti di automezzi».

La sinergia commerciale tra i due gruppi criminali sarebbe sfociata in una vera e propria alleanza familiare. Scrive ancora il giudice delle indagini preliminari: «Allorquando Vincenzo La Placa, insieme alla moglie, per motivi riguardanti il suo stato di salute si reca a Bangkok per sottoporsi a cure specifiche», il boss casalese «si mette a disposizione per qualsiasi problema la figlia Katia La Placa avesse avuto in Italia, interessandosi in particolare per le difficoltà connesse ad alcuni operai rumeni i quali ubriacatisi avevano smesso di lavorare». Creando un po' di problemi nel «regno» del padrino siciliano che, comunque, morirà di lì a poco. Si conferma, così, quel che un'altra inchiesta, condotta dal pm Cesare Sirignano, aveva svelato qualche tempo prima: Cosa nostra ha precisi interlocutori in Campania. E sono gli uomini del boss Sandokan. Fanno affari insieme in rami commerciali che, a prima vista, sembrerebbero lontani anni luce dalla fogna mafiosa. Il trasporto di frutta e verdura, ad esempio. L'indagine del pm Sirignano ha invece portato alla luce il fitto reticolo di interessi che esistono tra i Casalesi, il fratello di Totò Riina, Gaetano, e alcuni gruppi criminali di Catania e Caltanissetta. Tutti d'accordo nell'affidare alla società di trasporti «La Paganese» il remunerativo appalto dei viaggi dalla Sicilia alla Campania e al Lazio per trasportare fragole, arance e mele. I casertani che comandano in casa dei mafiosi, strane cose che accadono in terra di mafia.

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