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Questo articolo è stato pubblicato il 09 dicembre 2013 alle ore 07:29.

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Manifestanti abbattono la statua di Lenin. (Ansa)Manifestanti abbattono la statua di Lenin. (Ansa)

A farne le spese è stato Lenin, simbolo della Russia, abbattuto a martellate a Kiev. Non c'è più solo l'Europa al cuore della protesta che domenica ha riportato nelle strade di Kiev centinaia di migliaia di ucraini. I leader dell'opposizione ne avrebbero voluti un milione, il ministero degli Interni parla di centomila manifestanti e c'è chi ne ha contati 600mila. In ogni caso, tra barricate e accampamenti, la pressione della piazza sul governo non si allenta.

"Gloria all'Ucraina!", è lo slogan ripetuto mille volte nei cortei, un altro è "Sbattiamo fuori la banda", cioè il governo e il presidente Viktor Yanukovich, colpevoli di aver tradito il Paese rifiutando di firmare l'Accordo di associazione alla Ue e intrecciando, in compenso, negoziati per avere aiuti economici da Mosca.
Non sono ancora stati ufficializzati i dettagli dell'incontro che Yanukovich ha avuto venerdì con Vladimir Putin, a Sochi. I due governi spiegano che i presidenti si sono concentrati su varie forme di cooperazione industriale, ma i manifestanti sospettano che Yanukovich si sia invece impegnato ad accettare l'ingresso nell'Unione doganale di Russia, Bielorussia, Kazakhstan e Armenia, in cambio dei crediti e sconti sul gas di cui ha disperatamente bisogno per riempire le casse dello Stato.

Domenica il vicepremier Serhiy Arbuzov ha manifestato alla tv ucraina il timore che la situazione politica si ripercuota negativamente sulla moneta locale, la grivna: "Le tensioni politiche - ha detto - presto o tardi si placano, ma le conseguenze economiche possono colpire duramente ciascun abitante del Paese". Secondo l'agenzia russa Interfax, Arbuzov avrebbe aggiunto che per raddrizzare la bilancia dei pagamenti ed evitare il rischio di default l'Ucraina ha bisogno di almeno 10 miliardi di dollari.
La grande sfida, per i leader dell'opposizione, è trovare il modo di trarre risultati concreti dalla situazione. Compito reso difficile dalla composizione variegata del movimento, che ospita movimenti nazionalisti radicali e cittadini semplicemente filo-europei; dalla mancanza di un leader carismatico e dalla maggioranza che il Partito delle Regioni di Yanukovich mantiene alla Rada, il Parlamento: nei giorni scorsi una mozione di sfiducia contro il governo è stata facilmente respinta.

Né Yanukovich ha dimostrato finora di voler trovare una via d'uscita alla crisi attraverso il dialogo: la "soluzione politica" che domenica è tornato a suggerirgli José Manuel Barroso, il presidente della Commissione Ue che nei prossimi giorni invierà a Kiev il commissario per gli Affari esteri, Catherine Ashton.
"Questo è un momento decisivo - ha gridato domenica Vitalij Klitschko, il campione di boxe che molti considerano il leader emergente dell'opposizione - tutti gli ucraini si sono raccolti qui perché non vogliono vivere in un Paese in cui regna la corruzione e in cui non c'è giustizia". Klitschko - che ha ribadito le sue richieste, la liberazione dei prigionieri politici, la punizione dei responsabili delle violenze contro i dimostranti, le dimissioni del primo ministro Mykola Azarov ed elezioni anticipate - ha invitato i dimostranti a un confronto pacifico, e durante la giornata non si sono ripetuti i violenti scontri della settimana precedente. Finché un gruppo di manifestanti non è tornato all'attacco della grande statua di Lenin, facendola a pezzi che sono subito andati a ruba. Qualcuno ha gridato "Yanukovich, tu sei il prossimo", una donna ha piazzato sul piedistallo rimasto una bandiera della Ue. I leader dell'opposizione hanno preso le distanze dall'episodio.

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