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Questo articolo è stato pubblicato il 11 dicembre 2013 alle ore 06:43.

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Quando l'arcivescovo Desmond Tutu ha impartito la benedizione finale, lo stadio di Soccer City si era già quasi svuotato e le cose più importanti erano già accadute. Ma nulla quanto il suo intervento colorito, ha interpretato lo spirito di Nelson Mandela. «Promettete che seguirete l'esempio di Madiba», ha gridato. Per pudore e onestà, il "sì" generale non era molto convinto.
Quello di ieri allo stadio alle porte di Soweto, verso Johannesburg, è stato il momento più importante del lungo addio che il Sudafrica sta tributando a Mandela. Tutto si concluderà domenica a Kunu, dove Madiba era nato 95 anni fa. Un centinaio fra capi di stato e di governo hanno partecipato al memorial di ieri. Barack Obama e i suoi due predecessori, Bill Clinton e George Bush; Ban Ki-moon, David Cameron, Enrico Letta e Laura Boldrini, François Hollande, Raùl Castro, Dilma Rousseff, il vicepresidente cinese Li Yuanchao, Robert Mugabe, Abu Mazen.
La celebrazione dedicata a Mandela ha tuttavia offerto due importanti spunti di cronaca politica. Dopo 60 anni di gelo, un presidente degli Stati Uniti ha stretto la mano a un leader cubano. Sorridendo e scambiandosi poche parole di circostanza, lo hanno fatto nella tribuna dello stadio di Soweto Obama e Raùl Castro. È difficile per ora pensare a evoluzioni politiche più concrete ma, come avrebbe annotato Mandela, un contatto umano c'è stato.
Sviluppi più immediati potrebbero avere i fischi e gli ululati della folla che hanno accompagnato il lungo e noioso discorso di Jacob Zuma, il presidente sudafricano. È stato un chiaro segnale di dissenso verso il potere in carica e l'Anc al governo. All'assemblea del partito alla fine del 2012, Zuma è stato riconfermato alla guida dell'Anc: automaticamente il presidente del partito è il suo candidato alle elezioni per la presidenza del Sudafrica. Poiché l'Anc le vincerà, Zuma sarà ancora presidente fino al 2019. Ma il logoramento di consensi incomincia a diventare allarmante.
Il maestro di cerimonie di ieri è stato Cyril Ramaphosa, nuovo vicepresidente dell'Anc e prossimo vicepresidente sudafricano. Per anni Ramaphosa è stato il braccio destro di Mandela, il giovane che Madiba avrebbe voluto prendesse il suo posto nel 1999. Quando il partito scelse invece Thabo Mbeki, Ramaphosa lasciò la politica per dedicarsi al business. Se davvero l'erosione dell'Anc fra il suo immenso elettorato nero diventasse preoccupante, Ramaphosa potrebbe essere l'alternativa: l'uomo del futuro sudafricano.
«Un combattente senza paura della libertà». Fra i molti discorsi di ieri, il più bello e il più emotivo è stato quello applauditissimo di Barack Obama. Il suo primo atto politico da ragazzo, ha ricordato, fu di partecipare a una manifestazione per la liberazione di Mandela. «È difficile commemorare ogni uomo», ha spiegato il presidente americano. «Molto di più lo è farlo per un gigante della Terra, che ha spinto una intera nazione verso la giustizia».
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