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Questo articolo è stato pubblicato il 11 dicembre 2013 alle ore 14:59.
Tra i 10 imputati del processo sulla (presunta) trattativa tra Stato e Cosa nostra c'è anche lui, Giovanni Brusca, nato a San Giuseppe Jato il 20 febbraio1957, detto lo scannacristiani (per la particolare ferocia) o, se preferite, u verru (il porco). L'uomo del telecomando della strage di Capaci e anche della strage di Via d'Amelio e di numerosi altri omicidi.
Con altri sette imputati – Totò Riina, Leoluca Bagarella, Antonino Cinà, Antonio Subranni, Mario Mori, Giuseppe De Donno, Marcello Dell'Utri – secondo l'accusa, sostenuta dai pm della Dda di Palermo Vittorio Teresi, Nino Di Matteo, Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia, deve rispondere per il reato di cui agli articoli 81, 110, 338 e 339 del codice penale aggravati dall'articolo 7 del dl. 152/91.
Cosa vuol dire tutto ciò? Che, sempre secondo l'accusa, anche in tempi diversi, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, in concorso tra loro (taluni nella qualità di esponenti di vertice di Cosa nostra, altri quali pubblici ufficiali che hanno agito con abuso di potere e con violazione dei doveri, altri ancora nella veste di esponenti politici di primo piano), con il capo della Polizia pro-tempore Vincenzo Parisi e il vice direttore generale pro-tempore del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria Francesco Di Maggio (entrambi deceduti), e con altri soggetti allo stato ignoti, per turbare la regolare attività di corpi politici dello Stato italiano, e in particolare del Governo, «usavano minaccia – consistita nel prospettare l'organizzazione e l'esecuzione di stragi, omicidi e altri gravi delitti (alcuni dei quali commessi e realizzati) ai danni di esponenti politici e delle Istituzioni – a rappresentanti di detto corpo politico per impedirne o comunque turbarne l'attività».
In particolare, insieme a Bagarella, secondo l'accusa del pool palermitano, Brusca avrebbe prospettato al capo del Governo Silvio Berlusconi, tramite lo stalliere Vittorio Mangano (deceduto) e Marcello Dell'Utri, una serie di richieste finalizzate ad ottenere benefici di varia natura per gli aderenti a Cosa nostra. Le richieste concernevano, tra l'altro, la legislazione penale e processuale in materia di contrasto alla criminalità organizzata, l'esito di importanti vicende processuali ed il trattamento penitenziario degli associati in stato di detenzione.
Bagarella e Brusca avrebbero posto l'ottenimento dei benefici come condizione ineludibile per porre fine alla strategia di attacco violento e frontale alle Istituzioni, il cui inizio era stato l'omicidio dell'onorevole Salvo Lima ed era proseguita con le stragi palermitane del '92 e le stragi di Roma, Firenze e Milano del '93.
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