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Questo articolo è stato pubblicato il 11 dicembre 2013 alle ore 13:20.
L'ultima modifica è del 11 dicembre 2013 alle ore 18:03.
Forse per molti sarà una sorpresa ma in Italia, paese povere di materie prime, sono presenti alcuni dei più grandi bacini al mondo di Antimonio e Titanio: il primo in Toscana, il secondo in Liguria. Due elementi rari e fondamentali per l'industria tecnologica, utilizzati in smartphone e pannelli solari, ma che incredibilmente non vengono sfruttati.
È uno dei temi più rilevanti emersi il 6 dicembre scorso in occasione della Prima giornata universitaria dedicata alle materie prime all'Università la Sapienza di Roma a cui è intervenuto, tra gli altri relatori presenti, il vicepresidente della Commissione Ue responsabile per l'industria Antonio Tajani.
Una serie di incontri promossi dalla Commissione europea di Bruxelles che punta a rafforzare la competitività e l'occupazione sfruttando l'enorme potenziale del settore ritenuto strategico per lo sviluppo complessivo del Continente.
«Abbiamo una cassaforte piena di ricchezza sepolta nel terreno e non la tiriamo fuori» ha spiegato all'Ansa Mattia Pellegrini, responsabile per le materie prime nella Commissione europea. Si tratta dei più grandi bacini europei, e i secondi a livello mondiale di Antimonio e Titanio - due delle cosiddette terre rare ossia elementi chiave in ambito tecnologico - che non vengono estratti ma anzi importati dall'estero. «Nel 2011 abbiamo pubblicato - ha spiegato Mattia Pellegrini - una lista delle materie da cui dipendiamo per tutte le tecnologie, e alcune di queste le importiamo al 100%».
Nonostante le grandi ricchezze presenti nel sottosuolo, sia a livello di esplorazione che di estrazione l'Italia rappresenta il fanalino di coda in Europa. «L'Italia è uno dei più grandi produttori di marmo, sabbie e cemento ma è anche ricca di idrocarburi e molti elementi preziosi che non vengono sfruttati. Bisogna inoltre sapere che non è possibile sostenere l'industria delle tecnologie verdi, così come tutto il mondo digitale, senza l'estrazione di questi minerali. Sono infatti insostituibili per realizzare celle fotovoltaiche o le turbine eoliche». Insomma una vera miniera d'oro.
L'accesso alle preziose risorse di terre rare sta assumendo un valore sempre più grande, basti pensare ai contenziosi tra Cina e Giappone sulla contesa di alcune piccole isole la cui ricchezza sono proprio alcuni giacimenti di elementi rari.
L'economia hi-tech, come gli smartphone, i computer, le tecnologie a schermo piatto o le macchine ibride o elettriche, non potrebbero essere realizzati senza determinate materie prime e si stima che almeno trenta milioni di posti di lavoro nell'Ue dipendano proprio dall'accesso alle materie prime, un tema sempre più strategico per ogni paese.
Scaroni: Italia potrebbe raddoppiare produzione idrocarburi
Recentemente il Ceo di Eni, Paolo Scaroni, ospite il 6 dicembre di Giovanni Minoli a Mix24 ha ricordato che con norme meno severe e che sono state adottate in Paesi come la Norvegia e la Gran Bretagna, l'Italia potrebbe raddoppiare la sua produzione di idrocarburi convenzionali. Il tema caldo è stata sollevato da Scaroni rispondendo a una domanda di Minoli sulla rivoluzione dello shale gas negli Stati Uniti che sta completamente cambiando le regole del mercato e che sta consentendo all'America di Barack Obama di superare la Russia di Vladimir Putin nella produzione di petrolio. «Da noi - ha detto Scaroni - questo tipo di ricerca sullo shale gas si può fare, anche se non siamo sicuri che l'Italia sia un paese ricco di shale gas, mentre è un Paese di idrocarburi convenzionali. L'Italia non è certo l'Arabia Saudita (maggior produttore al mondo di petrolio n.d.r)., ma è più ricca di petrolio di Francia, Spagna o Germania. Circa un 10% dei nostri consumi viene prodotto localmente, anche se si potrebbe fare molto di più». Secondo Scaroni «non sarebbe pericoloso per l'ecologia, anzi io ritengo che se noi utilizzassimo le stesse norme che utilizzano in paesi puliti come la Norvegia o l'Inghilterra potremmo tranquillamente raddoppiare e arrivare al 20% della produzione. Non si fa perché abbiamo delle norme particolarmente severe e a mio parere eccessivamente severe».
Insomma anche il top manager di Eni ha lanciato un appello a utilizzare, in tempo di grave crisi economica, al meglio le ricchezze nascoste nel nostro territorio nazionale per produrre ricchezza e posti di lavoro. Speriamo queste proposte trovino ascolto nel governo che si è detto pronto sensibile ai temi della alla ripresa economica del Paese.
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