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Questo articolo è stato pubblicato il 11 dicembre 2013 alle ore 06:39.

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PARIGI. Dal nostro corrispondente
Secondo la Banca di Francia, il terzo trimestre dovrebbe registrare una crescita del Pil dello 0,5 per cento. Una stima leggermente superiore alla previsione del Governo (0,4%) e nettamente più alta rispetto a quelle degli economisti, che oscilla tra lo 0,1 e lo 0,2 per cento. Mentre la produzione manifatturiera di ottobre - depurata cioè dal forte calo dell'attività energetica (-3,4%) dovuta a temperature insolitamente elevate, che ha fatto segnare alla produzione industriale una flessione dello 0,3% - è in aumento dello 0,4%, dopo la caduta (-0,5%) di settembre.
Ma si tratta di segnali che non consentono certo di dire che l'economia francese è avviata sulla strada di una solida ripresa. Che sembra invece ancora molto fragile, nonostante misure pubbliche di sostegno come il regalo fiscale alle imprese (Cice): 10 miliardi quest'anno, 15 il prossimo e 20 a partire dal 2015. In parziale restituzione dell'inasprimento di questi ultimi anni.
Il secondo trimestre si è chiuso con un calo dello 0,1%, al quale hanno contribuito due dei tre grandi motori dello sviluppo: gli investimenti delle imprese sono scesi (-0,6%) per il settimo trimestre consecutivo e l'export è diminuito dell'1,5 per cento. Altri indicatori si muovono nella direzione di un cauto pessimismo: l'indice Pmi di ottobre è nuovamente sceso sotto la soglia dei 50 punti (48,5), dopo il timido rialzo di settembre (50,5).
Uno scenario caratterizzato dal continuo calo dei margini delle aziende, a livelli storicamente bassi, e in particolare delle Pmi, il cui risultato operativo è passato dal 4,2% dei ricavi nel 2008 all'attuale 3 per cento. Con una disoccupazione giovanile che scende solo grazie al costoso intervento pubblico (un quarto delle assunzioni è sovvenzionato), mentre quella generale continua a salire (10,9% a ottobre).
E se la situazione economica rimane largamente insoddisfacente (le stime del Governo non vanno oltre una crescita dello 0,9% l'anno prossimo), anche l'immagine internazionale del Paese comincia a soffrire. Secondo l'ultima rilevazione annuale della Camera di commercio americana (gli americani sono i primi investitori in Francia, con 1.240 imprese) solo il 13% dei dirigenti delle filiali statunitensi ritiene che la propria "casa madre" abbia una percezione più positiva della Francia rispetto a un'altra possibile destinazione degli investimenti. Il dato era del 22% l'anno scorso e addirittura del 56% nel 2011.
Che cosa non funziona? Perché il motore francese si è imballato? Le 35 ore hanno certo avuto una grande responsabilità, una follia che si è tradotta in un costo del lavoro tra i più alti in Europa. Una mano l'ha data anche un salario minimo troppo elevato, almeno in tempi di crisi. Ma sul banco degli imputati è salito negli ultimi anni e sempre di più negli ultimi mesi il devastante abbinamento tra gli altissimi livelli di pressione fiscale e spesa pubblica, che fanno della Francia un caso a sé.
Il prelievo teorico medio è nel 2013 del 46 per cento. E l'anno prossimo salirà ancora di un decimo di punto. La spesa pubblica è pari al 57,1% del Pil, e nel 2014 dovrebbe ridursi leggermente al 56,7 per cento.
Secondo l'ultimo studio comparativo realizzato da Banca mondiale e Pwc, le imprese francesi sono le più tassate d'Europa, davanti solo all'Italia, con un prelievo totale pari al 64,7% dei ricavi. A pesare non è tanto l'imposizione pura quanto quella contributiva, che da sola rappresenta il 51,7% dei ricavi.
Per il 2014 il Governo promette un primo, significativo taglio della spesa. In realtà si parla di cifre ridicole: 1,5 miliardi di riduzione in volume. Su un totale di 1.300 miliardi! Il Medef, la Confindustria francese, chiede una riduzione della spesa nell'ordine dei 100 miliardi in cinque anni, con un equivalente alleggerimento del carico contributivo sulle imprese.
Il Governo ha annunciato l'intenzione di andare nella direzione di una spesa pubblica più efficiente e meno costosa. E a quella che si sta trasformando in vera e propria rivolta fiscale ha risposto con l'annuncio di una riforma generale che dovrebbe rivedere l'intero sistema mettendo anche fine a un clima di instabilità ormai insopportabile. L'importante è che alle roboanti parole seguano i fatti.
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-0,1% Sotto zero La flessione del Pil francese nel III trimestre rispetto al II

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