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Questo articolo è stato pubblicato il 12 dicembre 2013 alle ore 06:51.

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RAGUSA
Prima hanno spinto gli imprenditori a fare investimenti, indebitandosi. Qualche anno dopo hanno chiuso i rubinetti e hanno chiesto, quasi da un giorno all'altro, agli imprenditori di saldare il debito o di rientrare dai fidi bancari. L'accusa, grave, nei confronti del sistema creditizio arriva dagli imprenditori del settore ortofrutticolo di Ragusa, punta di un iceberg fatto di fallimenti e interi patrimoni aziendali andati in fumo. A ciò si somma la difficoltà delle imprese ottenenere credito e la situazione si è fatta veramente complicata. «I dati aggregati sugli impieghi a giugno/agosto 2013 - dice Adam Asmundo, responsabile analisi economiche per la Fondazione Res - segnalano una leggerissima flessione degli impieghi che sono sostenuti dal credito al consumo da parte delle società finanziarie». Secondo l'ultima pubblicazione di Banca d'Italia «la contrazione dei prestiti bancari alla clientela residente in Sicilia, a giugno la riduzione è stata dell'1,1% su base annua. Il calo dei finanziamenti ha interessato le imprese, specialmente quelle di piccole dimensioni (-3,8%)». La situazione di Ragusa, secondo alcune stime, non è distante da questo dato.
Situazione che ha di fatto piegato un settore che era considerato ricchissimo. A nome di tutti parla Angelo Giacchi, presidente di un comitato composto da 12 imprese, che si ritiene vittima delle banche e di quello che definisce «il meccanismo perverso delle aste giudiziarie».Un gruppo di aziende, quello rappresentato da Giacchi, che chiudendo ha lasciato a casa 1.850 persone e gli imprenditori hanno poche speranze di recuperare aziende e patrimoni. Ma sotto accusa c'è anche e soprattutto il sistema delle aste giudiziarie su cui sta anche indagando la la Procura guidata da Carmelo Petralia: il sospetto è che siano stati favoriti gli speculatori.
Una situazione difficile: il prefetto di Ragusa Annunziato Vardé ha convocato un tavolo con i rappresentanti degli istituti di credito per affrontare la questione. «Abbiamo partecipato a questa riunione - dice Gianni Chelo, alla guida dell'Abi regionale -: dobbiamo dire che il problema in questo caso è quello dell'asta giudiziaria cui si arriva dopo un iter lunghissimo, in alcuni casi lungo anche dieci anni, e dunque non è collegabile alla crisi. L'asta giudiziaria è per il sistema bancario l'estrema ratio. Credo che prima siano stati fatti tentativi di transazione che non sono andati a buon fine. Noi abbiamo ribadito la disponibilità a fare transazioni ma non sono arrivate richieste. Quanto al cosiddetto credit crunch credo che oggi il problema non si ponga: le banche hanno ricominciato a erogare credito a quelle imprese che hanno un business credibile».
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