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Questo articolo è stato pubblicato il 12 dicembre 2013 alle ore 06:48.

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Promette vertici nuovi, nel segno della discontinuità rispetto alla gestione attuale, con un consiglio di gestione da nominare in tempi brevi. Iniziano a definirsi i contorni della Banca Popolare di Milano pensata da Piero Giarda. Qualora venisse eletto presidente del Consiglio di Sorveglianza di Piazza Meda, ruolo a cui è candidato in vista dell'assemblea del prossimo 21 dicembre, il professore della Cattolica intende accordarsi in breve tempo con i soci industriali e finanziari, Investindustrial in testa, per la nomina del Consiglio di Gestione di Piazza Meda. «Potremmo spendere un sacco di tempo - ha spiegato ieri l'ex ministro nel corso di un incontro a Milano con la stampa - ma sarebbe uno spreco, perderemmo anche reputazione e redditività. Tanto vale farlo subito». L'accordo è «una condizione necessaria e sufficiente, una cosa che si deve fare e che si farà». Secondo lo statuto di Piazza Meda, la nomina del Consiglio di Gestione (che spetta alla Sorveglianza) è subordinata al voto favorevole di uno dei due soci industriali (Crédit Mutuel e Fondazione CariAlessandria) e almeno uno dei due consiglieri espressi dai fondi di investimento, entrambi i quali in questo caso toccheranno alla Investindustrial di Andrea C. Bonomi, primo azionista della banca con l'8,6% del capitale, il cui parere a questo punto appare decisivo.
Ma Giarda dà qualche indicazione in più rispetto ai futuri vertici, in caso di sua nomina. Nessuno degli attuali componenti del CdG verrà infatti preso in considerazione per ricoprire il ruolo di presidente della Gestione (attualmente la poltrona è assegnata allo stesso Andrea C. Bonomi) o l'ad, compito oggi assegnato ad interim a Davide Croff dopo l'uscita anticipata di Piero Montani. Per Giarda, «la ricerca dell'ad e del presidente del Consiglio di Gestione saranno ispirati al principio di discontinuità, nessuno dei componenti dell'attuale Cdg sarà considerato per la posizione di presidente e ad». L'ex ministro non fa alcun nome, ma è difficile non cogliere un riferimento ai rumors che fino ad oggi hanno indicato in Dante Razzano, braccio destro di Bonomi e attualmente membro dell'organo di gestione di Bpm, il candidato in pole position per la carica di Ad. Un'ipotesi che, a questo punto, sembra sfumare.
Mentre ribadisce la volontà di mantenere la natura cooperativa della banca («Se Bpm si mette su una strada di recupero della redditività, non credo avrò mai occasione di parlare con un funzionario della Banca d'Italia della trasformazione in spa»), Giarda coglie l'occasione per parlare anche della possibile riforma di governance e dello statuto di Bpm. Su quest'ultimo aspetto «ci sono cose che mi piacerebbe cambiare» ma farlo ora sarebbe come «come mettere dei sassolini negli ingranaggi». La conclusione, quindi, «è che farò tutto il possibile per evitare di mettere mano allo statuto». Qualche aggiustamento meriterebbe anche il peso della rappresentanza dei soci di capitale e istituzionali in Cds («troppo piccola» la rappresentanza di 4 posti su 19) mentre il sistema attuale di voto assembleare premia «troppo» il voto «potenziale» dei soci-non dipendenti, cui sono assegnate fino a 5 deleghe.
Duello a distanza, infine, con Ezio Maria Simonelli, candidato della lista avversaria su cui la vigilanza interna di Bpm ha acceso un faro anche in seguito a un interessamento della Guardia di Finanza. «Sarebbe preferibile che i consiglieri di sorveglianza non abbiano nemmeno un conto corrente in banca» così da «non avere rischi potenziali con il proprio ruolo svolto», ha detto Giarda. Nel pomeriggio la risposta di Simonelli. «Non importa se un consigliere abbia o meno conti correnti presso la banca ma che vengano sempre rispettate le norme e le leggi come sempre ho fatto nella vita».
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