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Questo articolo è stato pubblicato il 12 dicembre 2013 alle ore 19:13.

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Mustafà A.G. Abushagur (Ansa)Mustafà A.G. Abushagur (Ansa)

«Ci sono grandi opportunità in Libia per le imprese italiane, soprattutto le piccole e medie, nei settori dell'energia, alimentare, franchising, costruzioni autostradali e delle ferrovie ad alta velocità, servizi finanziari, turismo culturale, ricerca mineraria, costruzione di desalinizzatori», dice Mustafà A.G. Abushagur, 61 anni, presidente del Lybian Policy Institute, (già vice primo ministro libico) nella veste di "ambasciatore" speciale dell'economia libica per convincere le imprese italiane ad investire nel suo paese che subisce i sussulti di una difficile transizione dopo le rivolte della Primavera araba.

«Tra Italia e Libia c'è unalunga stroia che ci unisce. Ora noi dobbiamo costruire infrastrutture stradali, fognature, stabilimenti per la conservzione alimentare di ortofutta, migliorare la produzione di pasta che oggi importiamo dalla Tunisia; tutte grandi opportunità per le Pmi italiane, dotate di una grande esperienza passata di collaborazione con la nostra economia che sta avvicinandosi a un sistema di libero mercato», spiega Abushagur in occasione del convegno "Libia, un interesse nazionale per l'Italia" promosso dall'Agenzia Network globale, che si terrà alle 9,30 del 13 dicembre, alla Sala Consiglio della Camera di Commercio di Roma.

Al convegno, moderato da Monica Maggioni, direttore di Rainews24, parteciperà Marco Minniti, Sottosegretario di Stato, Fadel M. Lamen, presidente, American-Libyan Council, Leonardo Bellodi, Executive Vicepresident Rapporti Istituzionali e Affari Regolatori dell'Eni, Marco Forlani, Responsabile Relazioni Esterne, Istituzionali e Comunicazione di Finmeccanica, e Aurelio Regina, Presidente del Network Globale Agenzia per l'Internazionalizzazione.

«La nostra economia si sta muovendo verso un'economia di mercato da un sistema statalizzato come era al tempo di Gheddafi. Vogliamo dare stabilità al Paese dopo il cambio di regime e far crescere il settore privato», spiega Abushagur che nel maggio 2011 è rientrato in Libia dagli Stati Uniti come consulente del Consiglio Nazionale di Transizione e dal novembre 2011 al novembre 2012 è stato vice premier libico nell'esecutivo guidato da Abdurrahim El-Keib. «Vogliamo incoraggiare gli investimenti locali e internazionali a venire in Libia, promettendo protezione, sicurezza e la collaborazioen del governo. Vogliamo modernizzare il sistema bancario che era arcaico durante il precedente regime. Le banche, allora, non finanziavano l'economia reale e il sistema era molto corrotto», spiega l'ex vice premier.

«Oggi vogliamo voltare pagina e chiedere agli investitori stranieri, ad esempio, di costruire dei desalinizzatori a Tripoli, per ridurre la dipendendenza dall'acqua che oggi viene trasportata dal sud del Paese, acqua che oggi costa molto cara. La Libia ha bisogno praticamente di tutto: stiamo costruendo un Paese dalle fondamenta. Ciò di cui comunque vi è più bisogno in questo momento sono i progetti infrastrutturali e lo sviluppo dell'istruzione e della sanità. C'è un bisogno fortissimo di nuovi edifici scolastici, ospedali e di una nuova gestione della sanità», spiega l'ex vice premier.

«L'Italia capisce molto bene le esigenze del popolo libico, le sue aspirazioni alla libertà dopo la Primavera araba. L'Italia sarà un grande partner e noi rispettiamo la qualità del lavoro e dei prodotti "made in Italy" soprattutto in quei settori come l'alimentare, il turismo culturale, dove abbiamo grazie ai resti archeologici romani e greci un grande potenziale di sviluppo. La Libia di oggi punta a essere un Paese libero e trasparente, il che è un bene per gli imprenditori, che sentono di poter concorrere apertamente alle commesse del governo. Un'altra opportunità strategica per il business viene dalla crescente enfasi sulla costruzione di un settore privato dinamico. Per questo vorrei incoraggiare le imprese italiane a fare delle joint venture con quelle libiche, perché noi abbiamo bisogno di esperienza», conclude Abushagur. È una win-win situation.

«Oggi abbiamo una sola "free tax zone" a Misurata, ma vogliamo aggiungerne altre. Il popolo libico e, in particolare i giovani che rappresentano oltre il 65% della popolazione, devono essere motivati ed ispirati a credere e sperare in un futuro per loro all'interno della nuova Libia. Siamo molto aperti per finanziamenti di progetti di sviluppo e per ora abbiamo un sola banca straniera, una portoghese in Libia, ma vogliamo aumentare la presenza degli istituti di credito internazionali per modernizzare il Paese».

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