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Questo articolo è stato pubblicato il 12 dicembre 2013 alle ore 06:48.

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Nel 2013 della crisi (il Pil italiano arretrerà dell'1,8%) alla Borsa piace il lusso. I numeri parlano chiaro: il settore ha sovraperformato l'indice generale e, con l'Ipo di Moncler (che sbarca a Piazza Affari lunedì 16 dicembre), è riuscito ad essere captive in un anno di magra per le Ipo a Milano (con soli due collocamenti, l'altro è stato quello di Moleskine, in primavera). Mentre gli industriali hanno tirato i remi in barca: lo dimostra la marcia indietro di Savino del Bene e Mossi & Ghisolfi che, però, a differenza di altre aziende, hanno perlomeno avuto il "pensiero" di approdare in Borsa. Il calo della domanda interna e la difficoltà a sostenere le esportazioni con un euro molto forte (ieri ha superato 1,38 dollari) non aiutano l'industria che preferisce strade alternative (bond) per finanziarsi. In questo quadro ci si augura che qualcosi cambi nel 2014, anno che secondo la società di servizi professionali Ey, potrebbe registrare un boom di quotazioni nelle Borse mondiali.
Ma torniamo alle performance del lusso. Da inizio anno le azioni di Brunello Cucinelli sono salite dell'88%. Salvatore Ferragamo ha visto aumentare la capitalizzazione del 70%, Safilo del 163%, Tod's del 28%, Geox del 20% e Luxottica del 16%. Ma, forse, non è tutto oro quello che luccica. Perché, scavando, qualche ago nel pagliaio c'è. A cominciare dai multipli di mercato. «Cucinelli prezza 48 volte gli utili del 2014, Salvatore Ferragamo 27, contro una media di settore di 20 - spiega Federico Mobili, responsabile azionario di Bnp Paribas investment partners -. Le società italiane quotano con un premio rispetto ai competitor europei che, invece, quest'anno hanno sottoperformato. Pensiamo a Louis Vuitton che scambia con un prezzo/utili di 16 dopo aver corretto da gennaio (-7%). Anche la stessa Prada si avvia a chiudere il 2013 borsistico in rosso con un calo delle quotazioni del 4% sul listino di Hong Kong che ha riportato il multiplo a 20».
Come mai? Le società italiane hanno marciato in controtendenza smarcando, a differenza dei rivali internazionali, le tensioni rappresentate dall'avvio del tapering che rischia di sgonfiare la domanda dei "nuovi ricchi" dei Paesi emergenti scatenando deflussi di capitali da quei Paesi che negli ultimi anni hanno dato linfa al settore. «Le quotazioni dei marchi stranieri già scontano questo scenario viaggiando a multipli ridotti - spiega Stefano Fabiani, responsabile gestioni patrimonili di Zenit Sgr -. Mentre quelle italiane no. Perché in questo momento il mercato tende a premiare società medio-piccole ad alta crescita con possibilità di fusioni e acquisizioni, fascia in cui possono collocarsi alcune società luxury&fashion made in Italy». E poi c'è da dire che «siamo ancora in una fase di abbondante liquidità - aggiunge Mobili -. In tale quadro, le poche società del comparto a Piazza Affari tendono a catalizzare l'attenzione degli investitori».
Quindi, cosa c'è da aspettarsi per il 2014? «Le compagnie del lusso italiano potranno prendere strade diverse. Quelle che riusciranno a riportare conti oltre le attese dovrebbero continuare a reggere le attuali quotazioni o incrementarle ancora un po', per le altre non è da escludere una correzione». Quanto alle big europee, a detta di Fabiani torneranno a salire. Ma solo dal secondo semestre, una volta smaltita la sbornia del tapering.
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