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Questo articolo è stato pubblicato il 13 dicembre 2013 alle ore 15:01.

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Michael Jordan (Afp)Michael Jordan (Afp)

Un anonimo appassionato di basket ha speso 104mila dollari per aggiudicarsi un paio di scarpe usate (e autografate) da Michael Jordan. Non un paio di scarpe qualsiasi, per la verità, visto che sono state indossate in un partita che ha fatto la storia: Salt Lake City, 11 giugno 1997, quinta gara di finale tra i Chicago Bulls e gli Utah Jazz. Serie sul due pari e, soprattutto, Jordan in forse a causa di un'influenza intestinale.

MJ decise di scendere in campo e, influenza o no (qualcono ipotizzò addirittura un tentativo di avvelenamento) ne fece 38 e portò i Bulls alla vittoria: risultato finale 90-88 e partita passata agli annali con il soprannome di "flu game".

Le scarpe di quella partita leggendaria furono regalate a un raccatapalle diciottenne, Preston Truman, come premio per aver procurato il succo di mela che Jordan consumava abitualmente, insieme ai crackers, prima di ogni partita. Tenute per 17 anni nella cassetta di sicurezza di una banca, sono uscite per approdare all'asta di Grey Flannel.

Centomila dollari sono un sacco di soldi, anche per le scarpe del più forte di sempre come molti, proprio in occasione di questa notizia, si sono precipitati a definire Michael Jordan.

Ma lo è stato davvero, il più grande? In genere non mi appassiono molto a questi giochini che a forza vogliono mettere a confronto sportivi di epoche completamente diverse: Pelè o Maradona? Jesse Owens o Carl Lewis? O Usain Bolt? Joe Louis o Muhammad Ali? Inevitabilmente si finisce con il favorire il campione più vicino ai nostri tempi, quello di cui abbiamo memoria diretta, o comunque di cui ci sono più immagini disponibili.

Nel caso di Michael Jordan se lo indichiamo come il più forte di sempre nell'Nba, e quindi nel basket mondiale, non commettiamo di certo un errore. Possiamo giudicarlo per le vittorie (sei titoli Nba, due ori olimpici), per i punti segnati e per tantissimi altri dati statistici, ma è giusto ricordare che sulle statistiche individuali, in uno sport di squadra, influiscono spesso in modo decisivo i compagni che ti giocano intorno.

Al livello di Michael Jordan, nella storia dell'Nba, meritano a mio avviso di essere citati giocatori come Magic Johnson, capace di inventare un nuovo modo di essere playmaker ma al tempo stesso di sostituire nel ruolo di centro, mentre era infortunato, il suo compagno di squadra Kareem Abdul Jabbar, altro grandissimo ancora saldamente al comando dei marcatori Nba di ogni epoca. Anche in quel ruolo Magic seppe guidare i Lakers alla vittoria.

Allo stesso modo non possiamo dimenticare Larry Bird: era lento, quando saltava si alzava da terra appena lo spazio per infilargli sotto i piedi un foglio di carta, eppure in ogni partita dimostrava di essere un manuale vivente del gioco del basket. Completo e perfetto in qualsiasi fondamentale. Capace di superare dolori lancinanti alla schiena, che avrebbero bloccato un toro, per aggiungere a una fantastica carriera l'oro olimpico con il Dream Team, in compagnia proprio di Jordan e Magic.

Andando indietro nel tempo Bill Russel, oggi splendido 79enne, seppe guidare i Boston Celtics a 11 vittorie in 13 campionati, con un filotto di 8 titoli consecutivi. Russel era un giocatore da 20 punti e 20 rimbalzi a partita (dato statistico dell'intera carriera) ma soprattutto i pochi filmati disponibili ci mostrano un giocatore di due metri e otto centimetri capace di danzare, saltare e correre su un campo da basket come pochi campioni di oggi della stessa stazza sanno fare. Russel portò il ruolo di "centro" avanti nel tempo di almeno 30 anni, prima che qualcuno si potesse anche solo avvicinare al suo stile di gioco.

Per venire ai giorni nostri non mettereste, nella stessa squadra di questi campioni, Kobe Bryant? A carriera non ancora terminata (ma ormai ha 35 anni e quindi ha un senso un giudizio storico) per lui parlano 5 titoli Nba e 2 ori olimpici, insieme al quarto posto nella classifica dei marcatori ogni epoca. Spettacolare, preciso, decisivo.

E cosa diremo tra qualche anno di Lebron James? Molti lo accusavano di non vincere mai il titolo, ma guarda caso ha iniziato a farlo alla stessa età di Michael Jordan e sembra averci preso lo stesso gusto.

Jordan, Magic, Bird, Russel, Bryant: un quintetto che renderebbe felice ogni allenatore. Difficile dire chi sia stato il più forte, ognuno sarebbe degno di questa definizione. Ringraziamo di cuore il Signore dei canestri per averceli dati.

Una piccola nota a margine riguarda il più forte italiano di ogni epoca: un po' come Larry Bird non era quello che saltava di più, non era quello che segnava di più, non era quello che schiacciava in testa agli avversari. Eppure Dino Meneghin (12 scudetti, 7 Coppe dei Campioni, 4 Intercontinentali per restare ai trofei maggiori) è senza alcun dubbio, e con tutto il rispetto per gli altri straordinari campioni della pallacanestro italiana, il più forte di sempre. Una volta domandarono a Dan Peterson da quale giocatore avrebbe iniziato a costruire una squadra partendo da zero. Risposta immediata: Dino Meneghin.

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