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Questo articolo è stato pubblicato il 13 dicembre 2013 alle ore 06:50.

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MILANO
Nessuno scatto da centometrista, al più un cambio di marcia da maratoneta che ritrova il passo. E tuttavia ciò che conta in fondo è ritrovare la crescita, con il 2014 che finalmente segnerà il ritorno al segno più per la nostra industria. Il dato saliente delle previsioni di Unicredit e Prometeia, contenute nel terzo rapporto Industria e Filiere, è il +6% dei ricavi per la media della manifattura nel prossimo biennio. In termini correnti le vendite del 2015 saranno superiori di due punti rispetto al 2007, annullando almeno in termini nominali l'impatto della crisi.
Per otto filiere su 13 il bilancio dei ricavi sarà infatti tornato a quella data positivo, anche se questo ovviamente non cancella l'impatto della recessione. Sia perché non rappresenta ancora un recupero in termini di quantità prodotte, sia perché nel frattempo i livelli di ricavi scontano comunque una marginalità inferiore. E tuttavia – osservano i ricercatori nel rapporto – la valenza simbolica è notevole, perché da qui in avanti sarà possibile andare oltre la mera difesa delle posizioni pregresse per puntare con più convinzione alla crescita. Già il prossimo anno in media lo scatto dei ricavi (si veda grafico, ndr.)sarà pari al 6% rispetto al 2013, con punte superiori per macchinari, componentistica meccanica, elettrotecnica, metalli e prodotti per costruzioni. Certo, l'impatto della crisi resta ampio e diversificato, con automotive e costruzioni che resteranno ancora distanti rispettivamente 23 e 12 punti rispetto ai ricavi 2007 mentre all'estremo opposto gli alimentari saranno il 24% oltre quei livelli. Il recupero dai minimi sarà comunque corale e a questo si accompagnerà anche una lenta risalita della redditività, in media un punto di Roi in più all'anno. Inversione di rotta cruciale, perché in sei anni la riduzione dei margini è costata alle imprese ben 40 miliardi di euro, risorse "mancate" per investimenti, redditi di impresa e di lavoro, fiscalità generale.
Ancora una volta il motore dello sviluppo è oltreconfine, nell'export, stimato in crescita del 4% a prezzi costanti nel prossimo biennio. E proprio qui, sui mercati internazionali, si gioca in effetti uno degli snodi cruciali dei prossimi anni, perché se è vero che le nostre imprese sono state nel tempo capaci di diversificare i propri sbocchi, al momento tra i primi dieci mercati principali dell'Italia figurano soprattutto paesi europei, dove la crescita prevista per l'import sarà comunque limitata nei prossimi anni. L'altra sfida per il sistema riguarda gli investimenti, con una previsione di 80 miliardi di risorse stanziate dalle aziende nel 2014, il 3% in più rispetto all'anno in corso. Un valore superiore di 16 miliardi rispetto ai flussi di cassa generati, e che dunque impone per essere concretizzato il ricorso ad altri strumenti. Sistema nazionale di garanzia, rafforzamento dell'accesso delle Pmi al mercato dei capitali attraverso i minibond, potenziamento delle cartolarizzazioni e richiamo di investimenti diretti dall'estero sono le soluzioni più concrete che il rapporto suggerisce per colmare questo scarto. La stretta al credito certo non aiuta, ma per il direttore generale di Unicredit occorre fare dei distinguo. «Da un lato – spiega Roberto Nicastro – abbiamo il 40% dei clienti che non usa quasi la metà dei fidi a disposizione, non investe o non cresce nel circolante, resta alla finestra. Dall'altro ci sono varie imprese già sovraindebitate che chiedono di consolidare o ampliare le posizioni debitorie e qui la banca che deve intervenire usando i depositi delle famiglie è costretta alla prudenza. In generale però vi sono elementi per essere più positivi: Siamo a un bivio, con un pizzico di fiducia in più di tutti possiamo imboccare la direzione giusta». Opportunità che il sistema produttivo è comunque pronto a cogliere, a partire dalle sue filiere più competitive, identificate dal rapporto in macchinari ed elettrotecnica. Comparti che non a caso mostrano una capacità innovativa più che doppia rispetto alla media e una proiezione internazionale meno legata all'Europa e più orientata ai Bric's. Innovazione ed export, insomma, ricetta vincente da cui ormai non si scappa.
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