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Questo articolo è stato pubblicato il 14 dicembre 2013 alle ore 08:51.

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Il 20 dicembre la revoca del consiglio Telecom forse non passerà. Ma il mercato ha già vinto la sua battaglia, perchè in ogni caso il risultato del voto sarà sul filo di lana. Comunque troppo ampio, per ignorarlo, il prevedibile dissenso dei fondi a quella che ritengono una situazione in conflitto, come denunciato da Marco Fossati. Così, ieri sera, sono arrivate le dimissioni, con effetto immediato, dei due consiglieri spagnoli dal board Telecom: il presidente Telefonica Cesar Alierta e il vice-presidente Julio Linares. Non solo. Linares ha anche deciso di ritirare la propria candidatura dalla lista a tre nomi che Telco ha presentato per il rinnovo del cda, nel caso passasse la revoca. E, indipendentemente da quello che prevedono gli accordi Telco, il gruppo di Alierta ha deciso per il momento di non avvalersi del diritto di indicare due nomi per il consiglio.
Un'ammissione che effettivamente c'era un conflitto tra gli interessi di Telecom Italia e quelli di Telefonica? Intelligentemente, gli spagnoli hanno legato la decisione alla delibera del Cade, l'Antitrust brasiliano che ha "censurato" i nuovi accordi Telco, disponendo che Telefonica esca dal capitale diretto o indiretto del concorrente su piazza Tim Brasil – quindi che esca da Telco-Telecom – oppure che rivenda il 50% di Vivo acquistato qualche anno fa da Portugal Telecom. In testa alla nota che annuncia le dimissioni, il gruppo iberico sottolinea infatti che i provvedimenti imposti dal Cade sono «irragionevoli» e che perciò sta valutando la possibilità di avviare «appropriate iniziative legali». In Brasile Alierta ha deciso, dunque, di muoversi all'attacco per difendere la propria posizione su un mercato che alimenta il 23% dei ricavi di tutto il gruppo. E questo sebbene Telefonica avesse la ragionevole aspettativa di poter contare su 18 mesi di tempo per adeguarsi alle disposizioni antitrust, tutto il tempo necessario cioè per sistemare la partita in Telecom, considerato che la data ultima di scadenza del patto Telco è febbraio 2015.
Qualcosa non è andata però per il verso giusto. Infatti non è più nemmeno certo che i soci italiani della holding che detiene il 22,4% di Telecom siano ancora disposti a mantenere il vincolo fino ad allora, come si augurava Alierta (più di un augurio, in realtà, a rileggere l'intervista pubblicata sul Sole-24Ore lo scorso 14 novembre). A quanto si apprende, se anche non dovesse passare la revoca del board, Generali, Mediobanca e Intesa sono decise in aprile, al prossimo rinnovo del consiglio, a presentare solo candidature indipendenti: non si ripresenteranno comunque, perciò, il presidente di Generali Gabriele Galateri, il presidente di Mediobanca Renato Pagliaro e il direttore generale di Intesa Gaetano Miccichè. Per Generali ad aprile la quota in Telco-Telecom sarà messa nelle partecipazioni disponibili per la vendita, e questo spiega la linea di proporre per il board solo candidature indipendenti, in coerenza con la politica seguita con altre partecipazioni non core come Pirelli, Terna, Rcs, Intesa. Ma questo significa anche che, di fatto, il Leone non si impegna a mantenere il vincolo in Telco fino alla scadenza del febbraio 2015, dato che oltretutto a giugno si aprirà un'altra finestra di possibile uscita. Sulla stessa linea Mediobanca, il cui amministratore delegato, Alberto Nagel, già all'assemblea del 28 ottobre aveva detto che l'istituto si riservava di sfruttare la finestra estiva per svincolare la quota residua in Telco.
Bisognerà vedere come saranno accolte le ultime novità dai fondi che venerdì parteciperanno all'assemblea Telecom. Le ultime stime indicano un afflusso di soci superiore al 50% del capitale, ma se il numero delle azioni registrate entro il record date si dovrebbe conoscere lunedì, fino a giovedì gli azionisti hanno ancora la possibilità di chiedere l'accredito direttamente alla società. Dovesse passare la revoca, a questo punto è probabile che Fossati chieda la riduzione del numero dei consiglieri dai 15 attuali a 10 e che Telco non si opponga. Ne uscirebbe un board con una maggioranza netta di consiglieri espressi dal mercato (7 su 10), un unico ad possibile, Marco Patuano, e nessun amministratore candidabile alla carica di presidente nella lista Assogestioni. Il papabile presidente dovrebbe essere perciò nominato direttamente dall'assemblea, dove però i fondi per delega non potrebbero esprimersi, a differenza di Telco che partecipa direttamente. E fatto salvo che in questo scenario Telco non conceda "cavallerescamente" parola alla minoranza.
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