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Questo articolo è stato pubblicato il 15 dicembre 2013 alle ore 08:52.

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Fosse rimasta in scena altri giorni, questa ancora emozionante Giselle dello svedese Mats Ek, avrebbe continuato a registrare il tutto esaurito. Al Regio di Torino il Ballet de l'Opéra de Lyon ha in realtà presentato due programmi. Del primo, Limb's Theorem di William Forsythe, coreografia mirabile del 1990, abbiamo già scritto. Del secondo, scriviamo da trent'anni: pochi revival dei classici del repertorio vantano infatti la coerenza e l'invenzione linguistica della Giselle moderna nata per il Cullberg Ballet nel 1982 e da allora sempre resuscitata da tante altre compagnie.
Riscoprendola, grazie alle cure dello stesso coreografo e di Ana Laguna, prima e indimenticabile interprete del ruolo eponimo, il Ballet de Lyon ha mostrato, pur con un numero di interpreti inferiore a quelli del debutto, sia tenuta scenica sia freschezza giovane, caparbiamente energica. Ogni singolo interprete – dai protagonisti (Giselle, Albrecht, Hilarion, Myrtha) ai componenti del gruppo – è parso in grado di restituire l'ampiezza dei movimenti, la flessuosità e quei gesti improvvisi e irrituali, tipici di Ek, che partono dalla quotidianità ma la rendono assurda, pruriginosa.
Come molti già sanno, pur mantenendosi abbarbicata alla musica romantica di Adolphe Adam, questa Giselle ne resuscita la tragica vicenda d'amore e tradimento a un secolo di distanza dall'originale del 1841 senza, però, mutarne la struttura. Siamo negli anni Cinquanta del '900, e la protagonista è una tenera border-line, estranea al gruppo di contadini cui appartiene. Il suo fascino nasce dall'istintività pura, infantile, assai seduttiva anche per un nobile in marsina candida. Come nel balletto romantico, costui, Albrecht, è però già legato ad altra nobildonna e quando la tresca viene scoperta, Giselle non muore ma impazzisce.
Nel manicomio del secondo atto, non più Villi in tutù ma malate in nivee camicie di forza dai gesti semplici ma amplificati e dalla sofferenza lanciata e urlata (urla mute) nello spazio. Chi le governa è autorevole come Myrtha, la regina delle Villi, ma è una suora. Due gli elementi chiave nella fortunata rilettura di Mats Ek: il crudo conflitto tra villici e nobili e la rivalutazione di Hilarion, il leader dei contadini, capace di tenere alla catena la "svitata" Giselle, ma anche di esserne innamorato, patendo una gelosia mai tramutata in odio. Anzi. Quando, nel secondo atto, Giselle (perfetta Delabie, ma priva di quel tratto selvaggio forse irraggiungibile dopo la Laguna) incontra in manicomio il fedifrago Albrecht (flessuoso, Castillo, come un giunco) e con lui rivive attimi del loro strano amore, questi ne esce davvero pazzo e nudo. In costume adamitico, lo ritroviamo spaesato nei campi del perduto amore. Il rivale Hilarion dapprima imbraccia il forcone, poi corre a coprirne le impudicizie. Raro esempio di solidarietà maschile.
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Giselle, di Mats Ek /Ballet de l'Opéra de Lyon al Regio di Torino; Théâtre de la Ville, Parigi, 28-31 dicembre

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