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Questo articolo è stato pubblicato il 17 dicembre 2013 alle ore 18:34.

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Il capo della Polizia di Stato, Alessandro Pansa (Ansa)Il capo della Polizia di Stato, Alessandro Pansa (Ansa)

Raffica di richieste di rinvio a giudizio, da parte della Procura di Napoli, nell'inchiesta sull'illecito smaltimento del percolato durante l'emergenza ambientale in Campania degli anni scorsi. Per traffico organizzato di rifiuti, i pm Ida Teresi e Pasquale Ucci intendono processare l'attuale capo della polizia, Alessandro Pansa, l'ex sottosegretario nonché ex capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, e la sua vice Marta Di Gennaro.

Per Pansa e Bertolaso, le contestazioni dei pubblici ministeri (l'inchiesta è condotta dalla Procura ordinaria e dalla Direzione distrettuale antimafia) si riferiscono all'epoca in cui entrambi assunsero le funzioni di commissari straordinari. Rischiano di finire alla sbarra anche altri due vecchi commissari straordinari, l'ex governatore della Campania Antonio Bassolino e il prefetto Corrado Catenacci. Nei loro confronti, però, l'accusa riguarda il più grave reato di associazione per delinquere. In totale, l'ufficio inquirente partenopeo ha chiesto il rinvio a giudizio di 39 persone e dieci società (a fronte dei 41 indagati originari).

L'inchiesta, conclusasi nel dicembre di due anni fa, riguarda lo smaltimento del percolato (il liquido prodotto dai rifiuti provenienti dalle discariche e dagli impianti CdR) attraverso i depuratori della Campania, ritenuti dagli investigatori non adeguati al trattamento della sostanza. In particolare, Bassolino e Catenacci avrebbero adottato comportamenti "funzionali a creare un'apparente situazione di legittimità per lo smaltimento del percolato, continuando a richiedere e ad assicurarsi che proseguisse senza interruzioni la predetta attività di illecito smaltimento e omettendo ogni dovere di controllo e conseguente intervento sulla gestione degli impianti di depurazione che ricevevano il percolato".

Nell'avviso di conclusione delle indagini, i pm hanno scritto inoltre che alcuni degli indagati, tra cui Catenacci, Di Gennaro, Pansa e Bertolaso "agevolavano attivamente nonché istigavano gli altri concorrenti nel reato nel porre in essere artifizi e raggiri per occultare e dissimulare la pessima gestione degli impianti di depurazione, comprensivo dell'illecito conferimento del percolato". Ovvero "l'omessa segnalazione e contestazione della cattiva gestione dei depuratori". I sostituti procuratori contestano inoltre la redazione "con la piena conoscenza della pessima gestione dei depuratori", di autorizzazioni al conferimento del percolato, con la falsa attestazione "di una capacità depurativa residua in realtà inesistente".

I magistrati rilevano poi le omissioni, relative al persistere della pessima attività di depurazione, di "comunicazioni, note, analisi, notizie, rigetti di autorizzazioni allo scarico finale, ovvero conferme di precedenti rigetti, tutte convergenti nel senso del cattivo processo di depurazione in corso, del superamento dei limiti tabellari di scarico e dell'incidenza sul medesimo anche del conferimento del percolato". Altro addebito riguarda l'aver disposto all'indomani della diffida del settembre 2007 operata nei confronti di Hydrogest (la società che gestiva i depuratori oggetto addirittura di una commissione di inchiesta del Consiglio regionale della Campania, ndr) "attività di vigilanza sui depuratori affidati ad Hydrogest, occultando la circostanza per cui la stessa vigilanza era stata in realtà già disposta e mai effettuata". L'indagine sul percolato è una costola del primo troncone investigativo sulla drammatica emergenza rifiuti del 2000-2005 che si è conclusa, qualche settimana fa, con la piena e completa assoluzione di Antonio Bassolino perché "il fatto non sussiste".

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