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Questo articolo è stato pubblicato il 18 dicembre 2013 alle ore 06:46.

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Sullo sfondo della faida interna scoppiata tra il movimento religioso di Fetullah Gulen e il premier Recep Tayyip Erdogan è scattata ieri la "Mani pulite" sul Bosforo.
Gli inquirenti di Istanbul e Ankara hanno compiuto una maxioperazione all'alba, arrestando 37 persone per corruzione e turbativa d'asta, tra cui Suleyman Aslan, ceo della HalkBank, la maggior banca pubblica e i figli di tre ministri del governo turco di Erdogan. Si tratta di Baris Guler, figlio del ministro degli Interni Muammer Guler, Salih Kaan Caglayan, figlio del titolare dell'Economia Zafer Çaglayan, e di Abdullah Oguz Bayraktardek, figlio del ministro dell'Ambiente Erdogan Bayraktardek, tutti e tre accusati di corruzione.
Ma non mancano altri nomi eccellenti tra gli arrestati, come quello dell'immobiliarista e uno degli uomini più ricchi del paese, Ali Agaoglu, dell'imprenditore azero Reza Zarrab, del presidente del municipio di Fatih, nel centro di Istanbul, Mustafa Demir, oltre ad alti dirigenti dei ministeri dell'Ambiente e dell'Economia, riporta il quotidiano Hurriyet.
Per ora la procura di Istanbul non ha fatto dichiarazioni sull'inchiesta, che scaturirebbe da tre diverse indagini ed è basata su inchieste in corso da un anno, ma secondo i media turchi gli inquirenti avrebbero mosso accuse di riciclaggio di denaro, contrabbando di oro e corruzione.
In manette sono finiti anche il direttore generale del ministero dell'Ambiente Mehmet Ali Kahraman, il consigliere del ministro Sadik Soylu, e gli assistenti di Çaglayan, Mustafa Behçet Kaynar e Onur Kaya. Gli arrestati sono accusati di aver versato e intascato tangenti e di aver consegnato permessi edilizi per aree protette in cambio di denaro. Accuse che a tre mesi dal voto municipale, previsto il 30 marzo, renderà infuocata la campagna elettorale.
Il ministro degli Interni ha rinviato la visita a Sofia, e quello dell'Economia ha annullato alcuni appuntamenti pubblici. Alla guida dell'operazione di ieri c'è il famoso procuratore Zekeriya Öz, noto per la sua inchiesta sulla presunta organizzazione terroristica Ergenekon, che avrebbe attentato al governo ma che l'opposizione del CHP ha accusato di essere una manovra per eliminare i dissidenti laici alla politica del governo filo-islamico.
La retata arriva il giorno dopo le clamorose dimissioni dal partito Akp dell'ex calciatore, Hakan Sukur, oggi deputato. Una decisione che segue quella di un altro deputato dell'Akp che ha lasciato il partito di maggioranza dopo la controversa decisione di Erdogan di chiudere le scuole private per la preparazione agli esami, istituti gestiti in maggioranza dal movimento religioso di Fetullah Gulen.
«Il movimento di Gulen è ritenuto avere un forte seguito nella polizia e tra la magistratura inquirente», ha detto Timothy Ash, analista della Standard Bank. Una chiave di lettura, che se confermata, promette altre puntate ricche di colpi di scena sulle rive del Bosforo, dove la Borsa ieri ha perso il 5,8% sui timori di questa guerra intestina alla maggioranza di governo, uniti agli effetti che il tapering della Fed possa colpire i mercati emergenti e in particolare la Turchia, la cui moneta da inizio anno ha perso il 14,2% rispetto al dollaro, collocandosi al terzo posto subito dopo la rupia indonesiana e il rand sudafricano. I mercati guardano con apprensione a un rischio escalation della faida interna unita al tapering: un cocktail esplosivo per Ankara.
v.darold@ilsole24ore.com
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