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Questo articolo è stato pubblicato il 19 dicembre 2013 alle ore 08:31.
L'ultima modifica è del 19 dicembre 2013 alle ore 08:33.

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Il ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni (LaPresse)Il ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni (LaPresse)

BRUXELLES - Per l'Europa, per l'euro e per i cittadini europei, l'accordo raggiunto ieri dopo oltre 12 ore di trattative dai ministri delle finanze e dell'economia riuniti all'Ecofin per la creazione di un meccanismo e un fondo unico di risoluzione delle crisi bancarie, è stato un "risultato storico" paragonabile per importanza alla fondazione dell'unione monetaria: lo ha detto la notte scorsa un sorridente ministro dell'economia, Fabrizio Saccomanni, incontrando la stampa al termine di una maratona di negoziati iniziata alle 7 del pomeriggio di martedì con l'Eurogruppo, terminata ieri attorno a mezzanotte e scandita da qualche scarno intervallo di poche ore. Al di là dei lunghi comunicati, dei complessi testi di regolamenti e decisioni diramati nella notte, quel che conta da oggi per il cittadino europeo e italiano è il passo da gigante compiuto dai 28 stati della Ue (e i 17 dell'Eurozona) nella direzione dell'Unione bancaria, dalla quale famiglie e imprese potranno trarre solo beneficio.

Come ha stigmatizzato Saccomanni, il meccanismo e il fondo di risoluzione che gestiranno, con un unico sistema, il salvataggio o lo smantellamento di una banca europea in difficoltà metteranno fine alla frammentazione del mercato bancario e alle condizioni disomogenee del credito che penalizzano gli Stati periferici. «La crisi dell'euro ha portato a un costo più elevato del denaro e a un credito più scarso» in alcune zone dell'area dell'euro, ha denunciato il ministro ricordando che lo spread sui titoli di Stato è poi passato alle banche, e poi ancora alle imprese per finire alle famiglie «ed è durato a lungo». L'Unione bancaria - che consiste nel meccanismo unico di supervisione bancaria, nella garanzia unica dei depositi fino a 100.000 euro e nel meccanismo e fondo di risoluzione delle crisi bancaria - dovrebbe riuscire a «neutralizzare la frammentazione del credito e mettere fine a una situazione in cui un'impresa italiana paga il denaro più caro rispetto a un'impresa tedesca», a parità di affidabilità dell'azienda. Per il ministro, «tutti i punti sono stati toccati, non è rimasto nulla fuori da fare» tanto che il processo dell'Unione bancaria sta marciando a ritmo più serrato rispetto ai tempi molto più lunghi dell'unione monetaria.

Un altro indiscutibile beneficio dell'istituzione del meccanismo e del fondo di risoluzione delle crisi bancarie è quello di evitare in futuro che i contribuenti paghino il conto degli eccessi della finanza o di crack bancari sistemici. Saccomanni ha spiegato che con l'accordo raggiunto all'Ecofin sul meccanismo di risoluzione bancaria, si è «esorcizzato il pericolo» che «si ripeta quello che è successo dopo il fallimento di Lehman brothers». L'accordo prevede che «i fenomeni di crisi di cui stiamo parlando siano gestiti in maniera ordinata per evitare il contagio ad altri sistemi bancari» e che «queste decisioni sulla gestione delle crisi vengano prese nell'arco delle 24 ore». Un tempo record per un'Eurozona ancora non unita politicamente.

Un altro aspetto importante dell'accordo, che è anche una vittoria per l'Italia che su questo punto ha puntato i piedi, è stato quello di assicurare durante il periodo transitorio di messa a regime del fondo di risoluzione (periodo che durerà 10 anni) che vi siano strumenti e risorse adeguati per affrontare crisi bancarie di qualsiasi entità. Questo cuscinetto o paracadute, una rete di sicurezza chiamata "backstop", ha precisato Saccomanni, è stato previsto fin dalle primissime fasi del fondo: «Se dovesse scoppiare un problema o se vi fossero tensioni forti nella fase di transizione, è accertato che scatteranno strumenti di assistenza garantita» (con interventi temporanei delle casse dello Stato o con il fondo salva-stati Esm) in vista della totale mutualizzazione delle risorse per gestire le crisi. Il costo finale del salvataggio o della messa in liquidazione di una banca non se lo accolleranno più i contribuenti: è previsto infatti che le banche, con i loro contributi, rimborseranno i soldi presi in prestito dal fondo di risoluzione per affrontare le crisi, ha assicurato Saccomanni.

Il rimborso sarà diluito nel tempo, per non gravare eccessivamente sui bilanci delle banche sane, ma lo Stato e i contribuenti non assisteranno più le banche con operazioni a fondo perduto. Il fondo di risoluzione, ha specificato il ministro, non è una rete di fondi nazionali ma un fondo unico europeo: i fondi nazionali tuttavia potranno prestarsi il denaro tra di loro per unire le forze nell'intervento di tamponamento delle crisi bancarie. Tra dieci anni, questa mutualizzazione in cui gli Stati, attraverso i fondi nazionali di risoluzione, «sarà totale e permanente».

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