Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 19 dicembre 2013 alle ore 19:27.

My24

173 detenuti ogni 100 posti letto. È da numeri come questi che si comprende come l'emergenza carcere sia ormai un dramma permanente, che si rispecchia nel decimo Rapporto nazionale sulle condizioni di detenzione della onlus Antigone. Nel dossier, presentato questa mattina a Roma, evidenzia la forbice esistente tra la capienza regolamentare che si attesta su 47.649 posti, e il numero dei posti effettivamente disponibile, che non supera le 37mila unità. Un dato quest'ultimo, confermato dallo stesso Guardasigilli Annamaria Cancellieri, sottolinea l'associazione.

1 detenuto su 3 in carcere con pena inferiore ai tre anni
In problema è nella quantità dei detenuti, ma anche nella loro "qualità", sotto il profilo delle condanne che li tengono dietro le sbarre. Per Antigone, circa 1 detenuto su 3, il 27% del totale, circa 10.399 persone, si trova in carcere per una pena inferiore a tre anni. Il 6,4% dei detenuti con sentenza definitiva, circa 2.459 persone, sono in carcere per una condanna a meno di un anno, per fatti di scarsissima rilevanza penale. Per non parlare della custodia cautelare, ovvero la detenzione in carcere precedente ad una condanna definitiva, che riguarda il 37,4% dei detenuti, 23.923 persone, «un numero senza confronti in Europa». I condannati con pene superire ai 10 anni, compresi 1.581 ergastolani, sono appena il 10% del totale.

Misure alternative frenate dai timori dei magistrati
Dalla lettura incrociata dei dati, spiega Antigone nel rapporto, emergono con chiarezza di difetti del sistema di detenzione italiano: «le carceri esplodono per lo scarso uso delle misure alternative e per l'elevato ricorso alla custodia cautelare». In altre parole, le direzioni delle strutture carcerarie e la magistratura di sorveglianza «non osano» ricorrere in modo più ampio alle misure alternative al carcere, mentre «la legge Fini-Giovanardi sulle droghe è fallita nel suo tentativo di pensare a ingressi in comunità terapeutiche ». Un punto sul quale è intervenuto il decreto varato martedì, che accresce l'affido terapeutico per i detenuti tossicodipendenti e modifica la Fini-Giovanardi introducendo il reato di "spaccio lieve" con pene da 1 a 5 anni.

In detenzione domiciliare 10.189 detenuti
Il rapporto Antigone fa il punto su misure alternative e accesso al lavoro: 832 detenuti sono in semilibertà (81 stranieri), e quelli in affidamento in prova al servizio sociale superano di poco le 10mila unità, di cui meno di un terzo per motivi legati allo stato di tossicodipendenza; 10.189 detenuti sono attualmente in detenzione domiciliare, e 12.741 sono usciti con la legge sulla detenzione domiciliare del 2010. Inoltre 3.003 sono i condannati in libertà vigilata, 558 i detenuti che svolgono in lavoro all'esterno, 4.159 sono quelli a cui è concesso la partecipazione a lavori di pubblica utilità per avere violato il Codice della strada.

Se il carcere alimenta se stesso: il nodo recidiva
Dei 66.028 detenuti presenti negli istituti di pena italiani al 30 giugno 2013 solo 28.341, il 42,9%, erano alla prima carcerazione. Per il restante 57% si tratta di un ritorno in carcere dopo un precedente "soggiorno".Per Antigone, «Il carcere è una macchina costosa che alimenta se stessa, crea la propria domanda, indifferente al proprio fallimento». Da anni l'associazione denuncia come sul tasso di recidiva incida la condizione inumana delle carceri, dove meno di 3mila detenuti sono coinvolti nella formazione professionale, solo 1.266 lavorano fuori dall'istituto, quelli che si sono laureati dentro sono 18, «pochi e non valorizzati». Sono 11.579, inoltre, il 17,5% dei presenti, i detenuti che lavorano per l'amministrazione penitenziaria: «Una percentuale - sottolinea Antigone - decisamente bassa rispetto al passato, ma che sarebbe ancora più bassa se negli istituti non si ricorresse al frazionamento sempre maggiore dei posti di lavoro».

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi