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Questo articolo è stato pubblicato il 21 dicembre 2013 alle ore 08:26.

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Lo avevano arrestato il 25 ottobre 2003, un commando di uomini armati e mascherati saliti a bordo del suo jet privato, fermo sulla pista di un aeroporto siberiano. Da mesi, dopo l'arresto del socio Platon Lebedev, Mikhail Khodorkovskij sapeva di essere nel mirino: ma pur avendo avuto la possibilità di lasciare il Paese, era rimasto. Si è piegato dopo poco più di dieci anni: ieri la prigionia si è conclusa in un hotel di Berlino, dove presto dovrebbero raggiungerlo i familiari. Dopo aver comunicato a sorpresa l'intenzione di graziare l'oligarca per motivi umanitari, giovedì scorso, Vladimir Putin non ha perso tempo: meno di 24 ore dopo Khodorkovskij, senza neppure passare da Mosca, era già in volo per la Germania.
Non tornerà mai più in patria, è opinione comune. E la conclusione misteriosa della vicenda non fa che alimentare gli interrogativi sulle ragioni che hanno spinto Putin a liberare l'uomo che lo aveva sfidato, e che sembrava destinato a finire in carcere i propri giorni. Così come non sono chiare le circostanze che hanno spinto Khodorkovskij a rivolgere al presidente una richiesta di perdono, apparentemente all'insaputa anche degli avvocati e dei familiari, malgrado in tutti questi anni non si stancasse di ripetere che non lo avrebbe fatto mai, per non ammettere le proprie colpe. Forse è rimasto fedele alle proprie intenzioni: nella dichiarazione rilasciata ieri da Berlino, Khodorkovskij conferma di aver chiesto la grazia a Putin il 12 novembre scorso «a causa della mia situazione familiare», ma aggiunge che «il problema dell'ammissione di colpa non è stato sollevato». Di più l'ex uomo più ricco di Russia non dice, al di là del desiderio di «ripagare i debiti con i miei genitori, mia moglie e i miei figli», e oltre agli auguri per Natale.
Pian piano emergono i particolari della partenza silenziosa da Segezha, la colonia penale nel Nord-Ovest della Russia, in Carelia, dove Khodorkovskij stava scontando la sua seconda condanna. Una riduzione della pena gli avrebbe consentito di uscire in agosto, ma contro di lui era in preparazione un terzo procedimento, e probabilmente nessuno lo immaginava libero, minaccia troppo insidiosa per Putin. Ma come ha detto Marina, la madre dell'oligarca, improvvisamente la liberazione del figlio è entrata negli interessi del presidente. Secondo il quotidiano Kommersant, Khodorkovskij avrebbe accettato di chiedere il perdono dopo un incontro con funzionari dei servizi di sicurezza russi, l'ex Kgb di Putin. Gli avrebbero fatto presente, secondo il quotidiano, che la salute della madre (malata di tumore, ndr) sta peggiorando. E gli avrebbero riparlato di questo terzo processo in arrivo.
A Berlino Khodorkovskij è stato accolto dall'ex ministro tedesco Hans-Dietrich Genscher, che ha dichiarato il sostegno all'operazione del cancelliere Angela Merkel. Da qui, scrive il tedesco Spiegel, Khodorkovskij proseguirà per la Svizzera, dove si trova la moglie Inna, e riceverà un visto per l'area di Schengen. Il patto con Putin sembra davvero prevedere la rinuncia alla Russia, a un ruolo attivo che avrebbe magari portato Khodorkovskij alla testa dell'opposizione, oligarca controverso riabilitato agli occhi della gente comune dai dieci anni di carcere. E nei patti potrebbe rientrare anche la rinuncia a ogni rivendicazione su una fortuna di almeno 15 miliardi di dollari, Yukos, quella che un tempo era la compagnia petrolifera di Khodorkovskij, smembrata e rivenduta all'asta. Finita in mano alla Rosneft del potente Igor Sechin, stretto alleato di Putin: «Non vedo alcun rischio per la compagnia - ha commentato ieri - il fatto che Mikhail Borisovich abbia chiesto la grazia rafforza le basi legali per difendere i nostri interessi in tribunale».
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IL DECRETO
Detto, fatto
Il Cremlino ha diffuso il testo dell'«ukaz» con cui Vladimir Putin ha concesso la grazia a Mikhail Khodorkovskij «per ragioni umanitarie», come annunciato il giorno prima. In meno di 24 ore l'oligarca era già in volo verso la Germania

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