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Questo articolo è stato pubblicato il 22 dicembre 2013 alle ore 08:50.

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L'Atlantico vive la sua mezza età: sorto circa 180 milioni di anni fa, quando Pangea iniziò a scindersi in masse continentali, scomparirà trascorso un analogo lasso di tempo geologico, quando le terre emerse si ricongiungeranno in una massa compatta. La specie umana non ne vedrà l'epilogo, come non ha assistito al prologo. Il primo incontro dei nostri antenati con l'oceano risale forse a 164mila anni fa: a Pinnacle Point, Sud Africa occidentale. Qui scoprirono la possibilità di vivere di quanto offrivano le maree. Adesso vi si trovano una spiaggia e un campo di golf, pubblicizzato come nuovo giardino dell'Eden.
Quanto ai primi abitanti del vecchio mondo, nell'imbattersi nella grande superficie grigia, roboante e tempestosa al di là delle colonne d'Ercole immaginarono acque vorticose abitate da mostri terrificanti come le Gorgoni e i Giganti Centimani, popolazioni favolose come i Cimmeri. Nessuno a quanto si sa osò inoltrarvisi, non fino al settimo secolo a.C. quando, su navi costruite per reggere le onde del mare interno, marinai fenici di Tiro vi veleggiarono senza perdere di vista la costa per fare incetta di murici. Dalla ghiandola ipobranchiale di questo gasteropodo – Haustellum brandaris – si estrae infatti la porpora già nota ai Minoici. I Fenici esplorarono la costa fino alle isole di Mogador coi loro hippoi – alte navi decorate con teste di cavallo. Interdetta alle classi inferiori, venti volte più costosa dell'oro, la porpora divenne il colore dell'autorità imperiale romana. Come romane furono le prime navi militari che, per traghettare le legioni in Britannia, affrontarono le acque del mare esterno, ancora non identificato come oceano. Questo avvenne dopo la morte di Cristoforo Colombo, ignaro di avere attraversato una distesa acquea ben distinta dal mare di Levante, e anche di essersi imbattuto in un nuovo continente. Non diversamente da Leif Eriksson che pure vi era arrivato cinque secoli prima, o dai Vichinghi che in America si erano stabiliti senza arrivare tuttavia alla "scoperta".
Questa fu formalizzata solo nella carta pubblicata nel 1507 da due cartografi tedeschi, Waldseemüller e Ringmann. Lettori ammirati di Mundus Novus, battezzarono il nuovo continente dal nome di Vespucci. Più tardi le due parti del continente furono distinte da Mercatore in Nord e Sud America, e l'oceano che le separava dall'Europa fu chiamato Atlantico.
Simon Winchester, nel 1982 prigioniero alle Falklands con l'accusa di spionaggio, l'ha percorso fino ai suoi punti più estremi – dalle Isole Faroe a Skeleton Coast in Namibia. Suo tema è l'evoluzione del rapporto tra il genere umano e l'oceano culla del mondo moderno, sua passione ricordare figure cadute nell'oblio. Dal portoghese Gil Eannes che doppiò per primo, nel 1434, il temuto Capo Bajador applicando la trigonometria e inventando la navigazione delle correnti, a Matthew Fontaine Maury che a metà Ottocento stabilì uno standard mondiale per carte e mappe nautiche. Dalla scoperta della Dorsale Atlantica alla posa sui fondali dei primi cavi telegrafici, fino alla fondazione nel 1921 da parte di Alberto I, principe e oceanografo, di quel Bureau Hydrographique International di Montecarlo cui spetta definire e approvare i nomi ufficiali dei vari mari, oceani, baie e insenature del mondo. Tra le fantasie ispirate dal l'oceano, spicca quella vittoriana che l'acqua fosse comprimibile, la sua densità aumentasse con la profondità, e quindi gli oggetti vi restassero sospesi a livelli diversi secondi il peso, con strati separati per bimbi annegati, rimorchiatori affondati, revolver scagliati in mare.
C'era chi, come James Rennell, ne studiava le correnti e altre particolarità per puro interesse scientifico. E chi, come Benjamin Franklin, assunse un atteggiamento mercantile: a lui la Corrente del Golfo, scoperta nel 1513 da Ponce de Léon mentre cercava la fontana dell'eterna giovinezza, interessava per capire come porre fine a certi ritardi nel servizio postale. Prevaleva nell'americano la visione dell'Atlantico come di un ostacolo alle comunicazioni con l'Europa di cui avere ragione in modo pragmatico. Ecco nascere l'atteggiamento deplorato da Winchester, quello di chi, sorvolando l'Atlantico, non considera il grande Oceano più che una noiosa barriera. Quando nulla resta del rispetto ispirato un tempo da questo mostro sacro, quando cadono nel l'oblio le imprese di cui è stato teatro, la sfida che ha costituito per secoli, non resta che lo sfruttamento delle risorse ittiche, la riduzione a discarica, il traffico di navi nelle sue acque, di aerei nel suo cielo. Che non è più quello attraversato col primo volo senza scalo, nel giugno del 1919, da Jack Alcock e Arthur Whitten Brown in compagnia di due gattini neri, Twinkletoes e Lucky Jim. Adesso lo imbrattano ogni giorno ben 1301 scie. Ma ci sono anche segni di speranza: certi biocarburanti da piante, come la velenosa Jatropha curcas, Camelina sativa e alcune alofite che crescono in ambienti desertici, paludi salate. C'è poi Prochlorococcus, un cianobatterio presente nel plancton, il più piccolo organismo capace di fotosintesi. Scoperto nel 1986 da Penny Chisholm, ricercatrice al MIT, è responsabile di un quinto dell'ossigeno a nostra disposizione. L'aumento della temperatura dei mari potrebbe espandere il suo raggio d'azione. Quanto alla pesca, un modello da emulare, nell'emisfero meridionale, sono le Zone di pesca della Georgia del Sud e delle isole Sandwich Meridionali, una storia di successo ecologico pattugliato da grandi navi armate britanniche e cannoni.

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