Il banchetto di sua santità

In un'epoca in cui i preti sono pederasti e goduriosi, ai cuochi non resta che esser casti e parsimoniosi. Il mondo va alla rovescia: il figlio del pontefice tenta di sedurre un vescovo e, quando lui si sottrae alle avances, lo stupra; le grandi opere in Vaticano sono affidate a un arzillo settantenne, un certo Buonarroti, e Oltralpe uno scienziato italiano, originario di Vinci, sta studiando i "complicati girarrosti". È il Rinascimento, e Bartolomeo Scappi è uno dei tanti figli talentuosi del suo tempo.
Nato a Dumenza (Varese), come il pittore Bernardino Luini, Scappi ha umili origini "laghee", ma eccelle sin da ragazzo nell'arte culinaria: la sua appetitosa storia, alla corte dei sovrani di tutta Italia e di alti prelati in Vaticano, è ora affabulata da Ketty Magni nel romanzo storico Il cuoco del Papa, che non ha il gusto epico o misterioso di certa letteratura di genere, ma l'aroma piccante di una trama godereccia, che impasta i piaceri del palato con i peccati di Venere, il lusso delle corti e la lussuria dei salotti, gli intrighi nei palazzi e i segreti amorazzi, i travagli del conclave e il ricettario papale.
Il Cinquecento ama i sapori agrodolci ed esotici, «fusion and cool»; al banchetto non mancano mai cigni, tartarughe e castelli in pasta frolla abitati da uccelletti vivi. Ma è un'opulenza raffinata, non sboccata: mentre Michelangelo dipinge la Sistina, l'imperatore Carlo V è a pranzo con Paolo III, e la tavola imbandita dallo chef gareggia in bellezza e precisione con gli affreschi in Cappella.
Anche l'arte di Scappi è una scienza esatta: il cuoco rifugge la mondanità, si schermisce quando lo chiamano «Maestro», è devoto alla Vergine e fedele per tutta la vita alla stessa nobildonna. Occorrono umiltà, dedizione e metodo per cucinare rane fritte in odore di santità.
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Ketty Magni, Il cuoco del Papa, Cairo, Milano, pagg. 220, € 15,00