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Questo articolo è stato pubblicato il 22 dicembre 2013 alle ore 17:12.
L'ultima modifica è del 22 dicembre 2013 alle ore 17:32.

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Con il «sì» pronunciato dalla Camera nella notte fra sabato e domenica, fa un passo in avanti forse decisivo il progetto del Governo Letta di superamento delle Province, con trasformazione delle attuali amministrazioni in enti di secondo livello "popolati" (gratuitamente) dai sindaci del territorio. Il via libera deve arrivare dal Senato, che secondo il calendario del Governo dovrebbe pronunciarsi entro gennaio: intanto, prosegue il congelamento delle elezioni, già avviato con i tentativi di riforma del Governo Monti.

Prima di tutto, sono 52 le Province che avrebbero dovuto chiamare gli elettori alle urne nel mega-turno amministrativo di primavera, che rinnoverà anche le giunte di oltre 4mila Comuni, fra cui grandi città come Firenze (dove il segretario Pd Matteo Renzi ha per ora annunciato una propria ricandidatura), Bari e Padova. Nelle Province, però, le elezioni non ci saranno, perché alla scadenza del mandato subentrerà un commissario per accompagnare gli enti verso il nuovo modello "sovracomunale".

Tra le altre, salterà il turno la Provincia di Milano, dove il progetto governativo prevede la creazione di una delle Città metropolitane: con qualche contraccolpo politico, perché all'attuale presidente della Provincia Guido Podestà, di centrodestra, dovrebbe subentrare il sindaco di Milano Giuliano Pisapia, protagonista della prima vittoria del centrosinistra nel capoluogo lombardo nella seconda repubblica. Ma il passaggio tra Provincia e Città metropolitana provoca mal di pancia anche dove i colori politici non cambiano, come a Torino dove il sindaco Piero Fassino, presidente dell'Anci, sarebbe chiamato a prendere il posto oggi occupato da Antonio Saitta, presidente dell'Unione delle Province e critico instancabile della riforma. A Bari, invece, non sarà Michele Emiliano il primo sindaco "metropolitano", perché anche il suo secondo mandato alla guida del capoluogo pugliese scade in primavera. Dovrebbe terminare nel 2013 anche l'esistenza della Provincia di Napoli, che dal 9 ottobre 2012 è guidata dal presidente facente funzioni Antonio Petangelo, subentrato al presidente eletto Luigi Cesaro che si dimise per correre (con successo) alle elezioni politiche 2013 per la Camera.

I nuovi commissariamenti, comunque, interesseranno un po' tutte le Regioni: il Piemonte praticamente rimarrà senza consiglieri provinciali, perché oltre a Torino chiuderanno i battenti Alessandria, Biella, Cuneo, Novara e Verbania, mentre Asti è già commissariata, in Lombardia si fermeranno Bergamo, Brescia, Cremona, Lecco, Lodi, Milano, Monza e Sondrio.

In Veneto si chiude la vicenda di Padova, Rovigo, Venezia e Verona, mentre Belluno e Vicenza sono già commissariate, e anche in Emilia Romagna è in arrivo uno stop generalizzato, che riguarderà Bologna, Ferrara, Forlì-Cesena, Modena, Parma, Piacenza, Reggio Emilia e Rimini. In Toscana il capolinea arriva per Firenze, Grosseto, Livorno, Pisa, Pistoia, Prato e Siena, mentre nel Lazio rimarrà in vita solo la Provincia di Viterbo (Roma è commissariata dall'addio di Zingaretti, diventato presidente della Regione, lo stesso è accaduto a Frosinone e Rieti e ora è la volta di Latina). L'Umbria saluta sia Perugia sia Terni (come accade in Basilicata per Potenza e Matera), mentre in Campania è la volta di Avellino e Salerno, oltre alla già citata Napoli. Addio, in Puglia, alle Province di Bari, alla giovane Bat (Barletta, Andria e Trani), a Brindisi, Lecce e Taranto, e in Calabria termina l'esperienza amministrativa di Cosenza e Crotone.

Il meccanismo del commissariamento, che viene ora prolungato fino al 30 giugno in attesa dell'approvazione definitiva della riforma, ha già interessato negli ultimi due anni altre 20 Province, perché il blocco delle elezioni data ormai da due anni, da quando nel dicembre 2011 il decreto legge «Salva-Italia» del Governo Monti avviò il progetto di trasformazione in enti di secondo livello. La prima a "cadere" fu Genova, con le dimissioni del presidente Alessandro Repetto il 18 aprile del 2012, mentre ad Ancona il commissariamento arrivò il 16 giugno dello stesso anno: in entrambi i casi, la chiusura dei consigli non hanno fatto uscire i politici dalle Province, perché le redini di Genova sono state prese da Giuseppe Piero Fossati, assessore della Giunta Repetto, e ad Ancona il ruolo di commissario è stato assegnato alla stessa presidente uscente, Patrizia Casagrande Esposto.

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