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Questo articolo è stato pubblicato il 24 dicembre 2013 alle ore 06:43.

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La protesta contro lo scandalo per corruzione è arrivata in piazza in Turchia al grido di «le tangenti sono ovunque». Una reazione popolare che ora lambisce i centri del potere e spaventa la Borsa di Istanbul, che ieri ha perso il 2% (-9,2% da quando è iniziata l'inchiesta), mentre la lira è scivolata ai minimi sul dollaro a 2,0983.
La polizia turca ha sparato gas lacrimogeni contro migliaia di manifestanti antigovernativi a Istanbul nella giornata di domenica con scontri che si sono protratti fino alle prime ore del mattino di ieri, mentre il primo ministro Recep Tayyip Erdogan, ossessionato dal complotto internazionale, ha alzato il livello della polemica promettendo di «spezzare le mani ai responsabili del complotto» contro i suoi fedelissimi.
Baris Guler, figlio del ministro degli Interni Muammer Guler, e Kaan Caglayan, figlio del ministro dell'Economia, Zafer Caglayan, sono stati messi sabato in custodia cautelare insieme ad altre 24 persone dai giudici a Istanbul nell'ambito della tangentopoli che sta scuotendo il paese sul Bosforo. Complessivamente sono sotto indagine 80 persone tra cui alti funzionari e uomini d'affari come Suleyman Aslan il ceo di Halkbank, una delle maggiori banche pubbliche sospettata di transazioni finanziarie irregolari e contrabbando di oro con l'Iran.
«Il valore delle società quotate alla Borsa turca è sceso del 7% dall'inizio della maxi inchiesta sulla corruzione», ha annunciato ieri nel corso di una conferenza stampa il vicepremier, Ali Babacan, secondo il quale «il valore delle società nel mercato azionario è diminuito da 269 miliardi di dollari a 249 miliardi». In realtà, aggiungendo le perdite di ieri, la borsa turca ha perso il 9,2% da quanto è iniziata l'inchiesta e ha lasciato sul terreno il 24,6% da quando Ben Bernanke in maggio ha parlato per la prima volta di tapering della Fed, una mossa che togliendo liquidità al sistema potrebbe danneggiare i mercati emergenti, tra cui la Turchia che è stata la maggior beneficiaria della politica espansiva americana. Il rendimento sui bond governativi a dieci anni è schizzato al 10,1%: un segnale inquietante mentre in Borsa sono state colpite le società vicine al predicatore Fethullah Gulen, oggi nemico di Erdogan, come l'Asya bank (-8,8%), la società di esplorazioni energetiche Ipek (-9,2%) e la società mineraria Koza (-8,8%).
«Erdogan sembra determinato a colpire il partito di Gulen, nei suoi forzieri, facendo girare voci di revoca delle licenze minerarie al Gruppo Koza e di possibili inchieste sulle operazioni della Asya Bank», ha affermato Julian Rimmer, broker londinese di CF Global Trading.
Il premier turco, che ha rimosso per ritorsione 70 alti funzionari della polizia, tra cui il capo delle forze dell'ordine di Istanbul, accusati di essere parte dell'inchiesta, aveva alzato il tono della polemica sabato, accusando «alcuni ambasciatori di azioni provocatorie» nell'ambito delle tensioni scaturite dalla tangentopoli turca. Ed aveva assicurato di essere pronto ad espellerli: «Non siamo obbligati a tenervi nel nostro Paese», ha detto senza precisare a chi si rivolgesse.
L'inchiesta per corruzione si inserisce nella faida interna tra il predicatore turco Gulen, capo spirituale di una potente confraternita islamica, e il governo Erdogan.
La lotta interna tra Erdogan e i sostenitori di Gulen potrebbe creare problemi al partito di maggioranza, l'Akp, in vista delle prossime elezioni amministrative previste il 30 marzo. Nel 2009 l'Akp scese al 38% dei voti salvo poi rimbalzare al 49,7% nelle politiche del 2011. Se il voto di marzo fosse negativo per Erdogan, l'insuccesso potrebbe costringerlo a rivedere la sua candidatura alla presidenza della Repubblica prevista ad agosto, dopo aver dovuto rinunciare alla modifica costituzionale del presidenzialismo a causa delle proteste di Gezi Park. Allora per Erdogan sarebbe l'inizio di un lento declino.
v.darold@ilsole24ore.com
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