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Questo articolo è stato pubblicato il 26 dicembre 2013 alle ore 17:05.
L'ultima modifica è del 26 dicembre 2013 alle ore 17:11.

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Il capitalismo pubblico costa quasi 23 miliardi allo Stato, circa l'1,4% del Pil, un «peso che l'Italia non può piu permettersi». Lo rileva il centro studi di Confindustria nell'analisi presentata il 19 dicembre scorso, secondo cui sono circa 40 mila le partecipazioni possedute da amministrazioni pubbliche in quasi 8 mila organismi esterni. «Gran parte di questi organismi sono nati, a livello locale, per aggirare i vincoli di finanza pubblica - sostiene Confindustria - in particolare il patto di stabilità interno, e come strumento per mantenere il consenso politico attraverso l'elargizione di posti di lavoro». Secondo l'associazione degli industriali «sarebbe prioritario dismettere gli enti o comunque azzerare i costi per le pubbliche amministrazioni di quegli organismi che non producono servizi di interesse generale.

Il Csc di Confindustria cita la banca dati Consoc , istituita presso il Ministero per la Pubblica Amministrazione, e rileva che «nel 2012, erano 39.997 le partecipazioni possedute da amministrazioni pubbliche in 7.712 organismi esterni. L'onere complessivo sostenuto dalle Pubbliche amministrazioni per il mantenimento di questi organismi è stato pari complessivamente a 22,7 miliardi, circa l'1,4% del Pil. Si tratta di cifre consistenti che meritano attenzione. Infatti, gran parte di questi organismi sono nati, a livello locale, per aggirare i vincoli di finanza pubblica, in particolare il patto di stabilità interno, e come strumento per mantenere il consenso politico attraverso l'elargizione di posti di lavoro».
«Naturalmente non tutti gli organismi rispondono a queste logiche - aggiunge il rapporto di viale dell'Astronomia - di certo, però, il modo e l'intensità con cui il fenomeno si è sviluppato confermano l'anomalia».

Secondo l'associazione, «In generale, sarebbe prioritario dismettere gli enti o comunque azzerare i costi per le pubbliche amministrazioni di quegli organismi che non producono servizi di interesse generale». Quanto alla produttività di questi enti, il centro studi di Confindustria incrocia una serie di dati e rileva che «oltre la metà degli organismi non sembra svolgere attività di interesse generale, pur assorbendo nel 2012 il 50% degli oneri sostenuti per le partecipate: circa 11 miliardi di euro. Più in generale, considerando anche gli organismi che producono servizi di interesse generale, oltre un terzo delle partecipate ha registrato perdite nel 2012, e ciò ha comportato per la Pa un onere stimabile in circa 4 miliardi». «Il 7% degli organismi partecipati ha registrato perdite negli ultimi tre anni consecutivamente con un onere a carico del bilancio pubblico che è stato pari a circa 1,8 miliardi. Sono numeri straordinari che il Paese non può permettersi».

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