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Questo articolo è stato pubblicato il 26 dicembre 2013 alle ore 09:19.
L'ultima modifica è del 26 dicembre 2013 alle ore 13:53.

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Egemen Bagis , Muammer Guler,Zafer Caglayan (Ap)Egemen Bagis , Muammer Guler,Zafer Caglayan (Ap)

Si inasprisce la crisi politica turca con riflessi sulla borsa, che il giorno di Natale ha perso il 4,2% (-13,4% dal momento in cui è iniziata l'inchiesta per corruzione), e la lira che è andata ai minimi storici sul dollaro a 2,0980. I ministri Muammer Guler (Interni), Zafer Caglayan (Economia) e Erdogan Bayraktar (Ambiente) hanno rassegnato le dimissioni e sono stati sostituiti rispettivamente da: Efkan Ala, ex sottosegretario del premier, e dai deputati Nihat Zeybekasi e Idris Gulluce.

I tre ex ministri avevano avuto i rispettivi figli arrestati nel corso della maxi-inchiesta per corruzione in corso da martedì scorso a Istanbul e Ankara. Rimpiazzati anche il ministro della Giustizia, della Famiglia, dei Trasporti e degli Affari europei. Quest'ultimo, Egemen Bagis, molto noto a livello internazionale, è stato citato dalla stampa locale tra le persone coinvolte nella "tangentopoli" che ha travolto l'esecutivo ma per il momento non è indagato dalla giustizia turca. In totale il rimpasto del governo guidato da Recep Tayyip Erdogan, al suo terzo mandato consecutivo, ha coinvolto dieci ministri. E' evidente il tentativo di salvare il governo "buttando a mare" i ministri più coinvolti, tra cui quello dell'Interno che in una settimana ha rimosso o spostato secondo il quotidiano Hurriyet più di 550 funzionari di polizia, tra cui il capo delle forze dell'ordine di Istanbul, "accusati" di aver partecipato all'inchiesta della magistratura su presunte corruzioni e concessioni di permessi di costruzione su aree tutelate che riguardava, fra l'altro, proprio l'operato dello stesso ministro. Un comportamento, quella dell'ex ministro degli Interni, inaccettabile in qualsiasi ordinamento democratico.

L'ex ministro per l'ambiente Bayraktar ha invitato, nel corso di una dichiarazione all'emittente Ntv, il premier Erdogan a seguirlo nelle dimissioni spaccando la linea del partito di maggioranza AKP che ha descritto l'inchiesta come un "complotto" contro il governo. Le dimissioni dei ministri hanno scatenato a Istanbul nuove proteste che sono sfociate in scontri tra polizia e manifestanti che chiedevano le dimissioni del premier turco Recep Tayyip Erdogan. Circa 5.000 persone sono scese in piazza qualche ora dopo le dimissioni dei tre ministri per uno scandalo di corruzione. Le forze dell'ordine hanno sparato gas lacrimogeni per disperdere i manifestanti nel quartiere di Kadikoy, nella parte orientale della città. Proteste anche a Besiktas, nella zona europea di Istanbul.

La faida interna
L'inchiesta per corruzione si inserisce nella faida interna tra il predicatore turco Fethullah Gulen, capo spirituale di una potente confraternita islamica di recente entrata in attrito con il governo filosilamico di Recep Tayyip Erdogan. Gulen, sabato scorso, ha invocato la punizione di Dio nei confronti dei responsabili della clamorosa ondata di arresti nei ranghi della polizia per ritorsione nell'aver collaborato con la magistratura nell'inchiesta sulla corruzione. In un messaggio registrato su uno dei suoi siti web, Gulen, che vive negli Stati Uniti dal 1999 in Pennsylvania ma ha molti seguaci all'interno della polizia e della magistratura turche, se la prende con «coloro che non vedono il ladro ma se la prendono con coloro che cercano di prendere il ladro, che non vedono l'omicidio ma diffamano altri accusando persone innocenti», invocando la punizione divina: «che Dio porti il fuoco nelle loro case, bruci le loro abitazioni, spezzi le loro famiglie».

La posizione di Erdogan ora si fa più difficile mentre la lotta interna tra lui e i sostenitori di Fethullah Gulen possono creare problemi al partito di maggioranza, l'Akp, in vista delle prossime elezioni amministrative previste a fine marzo. Se l'azione di disturbo, di Gulen, che si stima possa muovere circa il 5% dell'elettorato, dovesse rafforzare l'opposizione laica del CHP e permettere la vittoria della sinistra a Istanbul, allora per Erdogan sarebbero problemi seri. Non potrebbe soprattutto candidarsi come presidente della Repubblica al voto di agosto dopo aver dovuto abbandonare la riforma in senso presidenzialista della Costituzione in seguito alle proteste a giugno di Gezi Park.

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