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Questo articolo è stato pubblicato il 28 dicembre 2013 alle ore 08:44.

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ROMA
Il Governo ripara (solo in parte) alla brutta figura internazionale seguita all'espulsione, giudicata poi illegittima, del 30 maggio scorso di moglie e figlia del dissidente kazako, Mukhtar Ablyazov ma l'intero caso politico, affaristico, diplomatico italo-kazako sembra ancora ben lungi dall'essere risolto. Sta di fatto che per il costante intervento della Farnesina e del nostro ambasciatore ad Astana, Alberto Pieri, da ieri Alma Shalabayeva e la figlia Alua dopo sette mesi sono di nuovo a Roma dove sono giunti in mattinata con un volo Lufthansa proveniente da Francoforte.
La moglie di Ablyazov, arrestato a Cannes il 31 luglio su ordine di cattura internazionale e da allora detenuto in Francia, sarà interrogata dal pm di Roma Eugenio Albamonte entro la prima metà di gennaio. Al centro dell'interrogatorio le modalità relative al rimpatrio della donna in Kazakhstan, ma anche il possesso di un passaporto ritenuto falso dalle autorità italiane. Per la vicenda sono attualmente indagati per sequestro di persona l'ambasciatore del Kazakhstan in Italia, Andrian Yelemessov, il consigliere per gli affari politici, Nurlan Khassen, e l'addetto agli affari consolari, Yerzhan Yessirkepov. Non è escluso neppure qualche passo della Farnesina per chiedere un loro avvicendamento dopo le loro ripetute e pressanti visite ai piani alti del Viminale. La Procura di Roma sta indagando anche sul presunto ruolo che l'Eni potrebbe avere avuto nella vicenda dopo le recenti dichiarazioni di un dirigente dell'ente petrolifero alla trasmissione Report che proverebbero il coinvolgimento della società, anche se l'ad dell'Eni Scaroni ha ribadito la totale estraneità dell'azienda nel caso. Finora l'unica testa caduta per l'espulsione lampo revocata poi da Palazzo Chigi è stata quella del capo di gabinetto del ministro dell'Interno, Giuseppe Procaccini.
La Shalabayeva ha ringraziato più volte l'Italia che l'ha aiutata a ottenere il visto Schengen, i media indipendenti che hanno acceso i riflettori sul suo caso e soprattutto il ministro degli Esteri Emma Bonino «per il suo coraggio e la difesa dei diritti umani». Nei sette mesi trascorsi tra l'irruzione della Polizia nella villa di Casalpalocco e gli arresti domiciliari ad Almaty la Shalabayeva ha detto di avere temuto per la vita della piccola Alua, mentre gli altri due figli, Madiyar e la maggiore Madina, erano in Svizzera e sono arrivati ieri a Roma per poter riabbracciare la mamma, che potrebbe decidere di seguirli a Ginevra. «Non ho ancora deciso dove andrò, per ora in Italia, ma adesso è il momento di stare con i miei figli».
Primo incontro dopo l'arrivo con il ministro Bonino dopo la telefonata della vigilia di Natale per annunciare il visto dell'ambasciata italiana ad Astana. «Non vedo l'ora di rivedere mio marito», ha aggiunto la Shalabayeva, mentre Ablyazov non sa ancora che la moglie è tornata in Italia. Ed è proprio attorno a lui, ha spiegato la signora, che ruotano l'inizio e la fine della sua storia: «Hanno rapito me e mi figlia a causa di mio marito. Ci hanno lasciate andare sempre a causa di mio marito: i kazaki sperano ora che apparire civili li aiuterà ad ottenere l'estradizione dalla Francia». Il tribunale di Aix-en-Provence deciderà il 9 gennaio.
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