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Questo articolo è stato pubblicato il 29 dicembre 2013 alle ore 08:51.

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Come per la rassegna su Degas, realizzata l'anno scorso sempre a Torino con le opere conservate al Musée d'Orsay, anche in questo caso bisogna superare la legittima diffidenza verso le troppo frequenti mostre cosiddette "a pacchetto" che di solito rappresentano un gioco al ribasso nel transitare semplicemente pezzi di second'ordine, anche se spendendo nomi altisonanti, da un museo straniero, in chiusura temporanea o in sofferenza economica, alla solita sede espositiva disponibile.
Niente di tutto questo nella programmazione di alto livello che ha portato il grande museo francese a dialogare con le nostre istituzioni, in un proficuo rapporto di scambio. Una scelta culturale ormai consolidata da alcuni anni, il cui accorto regista è il presidente di d'Orsay Guy Cogeval, che ha inviato mostre importanti prima al Mart, ora a Torino e Venezia, se pensiamo alla recente rassegna dedicata a Manet. Le sessanta opere ora selezionate, dal più ricco insieme di Renoir conservato in un museo (novanta al d'Orsay e ventiquattro all' Orangerie), sono tali per la loro qualità, sempre altissima, e per la varietà da offrire un' immagine davvero completa, anche per quanto riguarda la scansione cronologica, del percorso di un artista che si è cimentato con tutti i generi e che è stato estremamente prolifico.
Anzi questa mostra è stata l' occasione per i curatori, lo stesso Cogeval insieme a Sylvie Patty e a Riccardo Passoni, per riflettere sui rapporti tra Renoir e l'Italia, legati non solo ai due brevi soggiorni nel nostro paese, uno nell'inverno 1881-1882 e l'altro nel dicembre 1883 insieme a Monet, ma al suo costante incantamento per la tradizione italiana. Quei due viaggi, tra Venezia, forse Firenze, Roma, Napoli, Capri, la Calabria e Palermo, sono avvenuti non in un momento di formazione, ma quando il pittore era già affermato e aveva già avuto modo di confrontarsi con gli antichi maestri italiani, soprattutto i prediletti, Raffaello, Giorgione, Tiziano e Veronese, nelle sale del Louvre. Tra gli Impressionisti Renoir è stato certamente, non perdendo per questo niente del suo fascino tutto moderno, quello che ha saputo dialogare più intensamente con il passato, dando al suo linguaggio una solidità duratura pari a quella dell' arte dei musei. Quindi solo questo aspetto basterebbe a legittimare la sua presenza, che non è stata mai così forte in Italia, proprio per il numero e la qualità di opere presentate. Nel catalogo è accuratamente ricostruita la vicenda davvero interessante della fortuna espositiva di Renoir nella penisola dove in vita ha inviato le sue opere solo in otto occasioni, di cui certamente la più importante, visto che altrimenti si trattava di uno o due quadri, è stata la "mostra individuale" di trentasette tele alla Biennale di Venezia nel 1910. Sarà sempre la grande rassegna veneziana a tener alta la sua reputazione, riproponendo nel 1938 altri sedici dipinti provenienti da collezioni private francesi e facendone nel 1948 la star insieme a Cézanne – erano i due più e meglio rappresentati – alla grande rivelatrice retrospettiva dedicata all' Impressionismo, la prima di tale importanza mai realizzata in Italia. Questa scelta si deve al curatore e allora direttore della Biennale, un grande storico dell'arte veneta come Rodolfo Pallucchini che intendeva così sottolineare l'affinità tra Renoir e il Tiziano estremamente libero e audace dell'ultima maniera. Certamente un quadro strepitoso come le grandi Bagnanti, opportunamente scelto per chiudere questa mostra, poteva allora confermare questa affinità.
Dall'opera scaturivano una carnalità e una sensualità cosi prorompenti da creare allora imbarazzo nel pubblico. Oggi l'approccio è mutato e vedere i solari nudi femminili, ma anche quello davvero stupefacente de Rragazzo con il gatto, gli ammalianti ritratti all'interno o en plein air, come quello di Monet con in mano pennello e tavolozza o delle donne col viso celato dalle velette, le scene di vita moderna, come le celeberrime Altalena e Ragazze al piano o le due Danze in campagna e in città, gli abbaglianti paesaggi, i dipinti di fiori, si risolve in una continua festa per gli occhi, abbandonati al puro piacere della pittura.
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Renoir. Dalle collezioni del Musée d'Orsay e dell' Orangerie. Torino, Galleria Civica d'Arte Moderna, fino al 23 febbraio 2014. Catalogo Skira
E se il Capodanno lo passassimo al Museo? A Torino è possibile. La GAM-Galleria Civica d'Arte Moderna e Contemporanea di Via Magenta 31 propone un'idea originale per trascorrere la serata di fine anno all'insegna dell'arte e del buon cibo: qui si possono associare una visita guidata esclusiva serale alla mostra in corso alla GAM dedicata al grande artista francese con un aperitivo o una Cena di Gala a marchio Gerla 1927. L'aperitivo viene servito presso la Caffetteria ristorante della GAM in Corso Galileo Ferraris 30, riaperta proprio in occasione della mostra dedicata a Renoir (costo 45 euro a persona, in tre fasce orarie, tra le 18 e le 22 al termine del quale i partecipanti visiteranno la mostra di Renoir). Per chi invece non vuole rinunciare al tradizionale cenone di fine anno, Gerla 1927 propone, sempre in abbinamento alla visita esclusiva a Renoir, una Cena di Gala (a partire dalle ore 20.20) presso il ristorante L'Orangerie di Corso Vittorio II 88 a cura dello chef Antonio Manarello, già chef presso Gordon Ramsey di Londra (3 stelle Michelin). Il costo della cena e delle visita in museo è di 149 euro a persona. Per prenotazioni e informazioni: www.ticketone.it o www.akitatour.it (011.8128898).

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