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Questo articolo è stato pubblicato il 29 dicembre 2013 alle ore 08:54.

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La libreria «La montagna» di Torino è zeppa di copertine allettanti, ma le vere novità sono ben poche, svelano i librai Marianna Leone e Maurizio Bovo che hanno festeggiato giorni fa i loro trent'anni da titolari. La storica ditta, aperta già alla fine degli anni Sessanta sotto i portici liberty di via Sacchi a fianco della stazione di Porta Nuova, pur tenendo d'occhio anche il meglio uscito a Chamonix, Grenoble e Parigi e qualcosa dei maestri inglesi, registra una vistosa caduta dei bei libri illustrati di vette e alpinisti. Poco male per la clientela avventizia delle feste che anche tra gli arretrati può trovare titoli soddisfacenti e duraturi. Il più raccomandabile è forse lo splendido Walter Bonatti una vita libera curato dalla compagna Rossana Podestà. L'ex attrice rimasta sola quasi di colpo dopo un trentennio vissuto con il grande alpinista, ha fatto in tempo a riordinarne l'archivio per ricavarne questo ritratto devoto e documentatissimo, prima di andarsene a sua volta, all'improvviso qualche giorno fa, a 79 anni.
Anche la maggior novità in vetrina è nuova per modo di dire visto che La storia dell'alpinismo di Gian Piero Motti, ora riproposta con entusiasmo da Priuli & Verlucca, è in sostanza la riedizione, beninteso aggiornata, di un'opera nata a metà degli anni Settanta, mentre sulle Alpi crollava il muro del «sestogrado» codificato tra le due guerre e sorgeva in Himalaya l'astro di Reinhold Messner. Si tratta dell'opera più compiuta del torinese Motti, ideologo e leader del «Nuovo mattino». Così, come una favola new age, si definì il rinnovamento postsessantottesco partito da Torino, da un articolo di Motti che ci apriva gli occhi sulle nuove tecniche e i folgoranti progressi dei californiani. Il famoso pezzo uscì sulla severa e militante «Rivista della montagna», nata nel retrobottega della libreria di via Sacchi alla fine del 1970.
La storia di Motti uscì in origine a dispense nel 1977, a coronamento della «Grande enciclopedia illustrata» La montagna, realizzata per le edicole da De Agostini: otto volumi di voci alfabetiche, più due con l'ampio testo di Motti e una breve Storia dello sci di Guido Oddo. Una ventina d'anni fa La storia dell'alpinismo – con l'aggiunta perentoria dell'articolo – fu consacrata come testo di riferimento per noi italiani dall'elegante riedizione di Vivalda in due volumi con custodia, caposaldo della collana «I licheni» da poco nata nell'orbita di «Alp», il mensile allora sulla cresta dell'onda. Intanto il geniale e tormentato Motti era scomparso da un decennio, togliendosi la vita a 37 anni, un dramma che soffocò ogni velleità e residua illusione del «Nuovo Mattino». E nel frattempo Enrico Camanni che aveva lavorato con Motti alla «Rivista della montagna», rompendo con la militanza aveva fondato «Alp», mensile più aperto, dinamico, piena d'attualità e, per fortuna, di pubblicità. Nasceva allora nell'ostilità dei puristi e delle parrocchie Cai lo scisma dell'arrampicata supersicura in falesia grazie all'uso sistematico degli spit, i chiodi che si piantano bucando la roccia con il trapano a batteria, in pratica uno sport nuovo, indipendente dall'alpinismo. L'evento che lo lanciò furono le gare di Sportroccia disputate la prima volta sulla parete dei Militi di Bardonecchia nel 1985 e poco dopo ad Arco di Trento, che oggi è la capitale mondiale dell'arrampicata sportiva.
Cos'è rimasto di quel fervore intellettual-alpinistico dell'ambiente torinese? Le due riviste concorrenti prima si sono riunite sotto il tetto di Vivalda resistendo per anni alla crisi, finché l'anno scorso hanno chiuso i battenti, vinte dalla rapidità a basso costo di internet. E l'ammirata collana dei «Licheni», fiore all'occhiello di Vivalda, con oltre cento titoli di autori storici e contemporanei avrebbe fatto la stessa fine se non fosse intervenuto Luca Priuli a rilevarla, scommettendo contro la desertificazione del settore. Il primo titolo emblematico del rilancio è la storia di Motti esaurita da tempo, riproposta ora in un solo volume compatto come una «garzantina». Per il resto il contenuto è quello dell'edizione Vivalda di un ventennio fa, salvo la nuova introduzione di Enrico Camanni – ancora lui – che già aveva realizzato l'aggiornamento 1977-1993 per Vivalda.
Camanni che si è fatto le ossa alla «Rivista della montagna», che ha fondato e diretto «Alp» negli anni prosperi e ora dirige il trimestrale di storia e cultura locale «Turin», è da anni il più dotato scrittore e più attivo divulgatore dell'alpinismo in Italia. Per Laterza ha pubblicato l'estate scorsa una propria, agile e aggiornatissima Storia dell'alpinismo in 12 gradi che ha per titolo Di roccia e di ghiaccio. Il ribaltamento che mette in secondo piano il genere storia suggerisce la differenza d'impostazione dalla storia di Motti. Il leader del Nuovo Mattino scriveva per l'enciclopedia De Agostini ma, da ex istruttore della Scuola Gervasutti di Torino, si rivolgeva anzitutto ai compagni alpinisti, o idealmente agli allievi della illustre scuola. Studiando le tecniche di progressione cerca di spiegare l'evoluzione verso le massime difficoltà allora ferme al sesto grado. Da figlio del '68 allarga lo sguardo alle motivazioni sociali, politiche, psicologiche con una dichiarata predilezione per la psicanalisi, lo yoga e le altre tecniche orientali di autocontrollo.
Camanni, ben consapevole degli enormi progressi che hanno portato i gradi di difficoltà ormai verso il 12° grado, per spiegarlo al lettore comune racconta un'antologia di episodi. Storie che segnano le tappe del l'esplorazione delle montagne, dal grado zero della salita di Francesco Petrarca al Mont Ventoux fino ai record in velocità polverizzati dalla guida svizzera Ueli Steck sulle pareti tabu delle Alpi.

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