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Questo articolo è stato pubblicato il 29 dicembre 2013 alle ore 08:45.
L'ultima modifica è del 11 marzo 2014 alle ore 13:38.

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MILANO - I negoziati sulla ristrutturazione del debito da 750 milioni di Tirreno Power, la ex genco controllata al 50% da Gdf-Suez e partecipata al 39% da Sorgenia (con il 5,5% a testa figurano anche Hera e Iren), avrebbero raggiunto un primo, importante punto di svolta. In particolare, dopo una lunga trattativa iniziata la scorsa estate, le banche creditrici avrebbero accordato una moratoria sul rimborso semestrale, previsto per fine mese, a fronte di una sorta di stand still "commerciale" concesso dai soci alla partecipata. In sostanza, Gdf-Suez e Sorgenia avrebbero rinunciato ad alcuni crediti, legati alla fornitura di materie prime, nei confronti dell'ex genco Enel per un importo di poco inferiore a 50 milioni.

Non si è trattato di un intervento sul capitale, ma è stata comunque una mossa che ha dimostrato l'atteggiamento costruttivo degli azionisti e in ogni caso ben accetta dalle banche. Insomma, un ottimo punto di partenza per la trattativa, anch'essa già avviata e probabilmente destinata a concludersi nel primo trimestre del 2014, sul riscadenzamento della maxi rata da 750 milioni in scadenza a luglio e prevista dal finanziamento erogato nel lontano 2007 da un consorzio guidato da Unicredit. Anche in questo caso, è plausibile che venga raggiunto un risultato positivo a fronte di un nuovo piano industriale attualmente in elaborazione che vedrà - oltre a interventi di efficientamento e alla cessione degli asset fotovoltaici (circa 6 MW) - gli azionisti contribuire, seppur non in misura massiccia, al rilancio della società. Uno scenario che permetterebbe a tutti gli attori della partita di uscire dall'impasse senza particolari oneri, ma che - è bene precisare - è tutt'altro che scontato, viste che solo qualche settimana fa c'era chi agitava lo spettro del concordato preventivo.

Tirreno Power, come gli altri gruppi energetici italiani ed europei, paga il drastico calo della redditività degli impianti termoelettrici (in portafoglio ne ha per oltre 3 GW). Già nel bilancio 2012, Gdf Suez aveva iscritto svalutazioni legati agli asset termoelettrici nel nostro Paese per 294 milioni. A luglio scorso, Tirreno Power ha poi approvato un bilancio 2012 in rosso per 159 milioni a causa di rettifiche sugli avviamenti pari a 240 milioni. L'arrivo di Andrea Mangoni al vertice di Sorgenia al posto di Massimo Orlandi, avvenuto sempre quest'estate, ha poi contribuito a un'ulteriore rettifica del valore di Tirreno Power nel bilancio della controllata di Cir, dove è stato praticamente portato a zero.

La partita di Tirreno Power rappresenterà uno snodo cruciale non solo per Sorgenia, chiamata in questi mesi a una delicata ristrutturazione sul debito da 1,75 miliardi, ma anche per il futuro di Gdf Suez in Italia e per il ruolo del termoelettrico nel nostro Paese. La ex genco è una società che ha prodotto utili fino al 2011 (quando erano arrivati a 42 milioni), ma ora abbisogna di una ristrutturazione e di investimenti: per il sito a carbone di Vado Ligure, con la realizzazione di una nuova unità da 460 MW, il bilancio 2012 parlava di 580 milioni. Non è un caso che gli stessi amministratori, nel bilancio 2012, anche a fronte del debito da 750 milioni in scadenza a luglio, abbiano messo nero su bianco i propri dubbi sul principio della continuità aziendale. Un possibile sostegno potrebbe venire dall'introduzione immediata del capacity payment (una sorta di remunerazione per la flessibilità d'uso delle centrali a gas) da parte del Governo. Una mossa che favorirà tutti gli operatori del settore (a partire da Enel e A2A), anche se l'Autorità per l'energia elettrica deve ancora definire il quantum del provvedimento e gli impianti che ne beneficeranno già a partire dal 2014.

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