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Questo articolo è stato pubblicato il 31 dicembre 2013 alle ore 06:43.

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È l'impresa più grande quella che il campione tedesco sta affrontando. Michael Schumacher, 45 anni il 3 gennaio prossimo, lotta infatti, in coma, tra la vita e la morte dopo la terribile caduta sugli sci avvenuta domenica scorsa in una discesa e l'impatto terribile contro una roccia maledetta a Méribel in Alta Savoia.
Domenica sera è stato sottoposto a un intervento d'urgenza all'ospedale di Grenoble: presentava lesioni diffuse in entrambi gli emisferi cerebrali, ma se non avesse avuto il casco, hanno detto i medici che l'hanno operato, «non sarebbe arrivato qui». Le condizioni restano molto critiche e all'ospedale non si sbilanciano: «Ancora non possiamo dire quale sarà l'esito. Non ci resta che aspettare». Non resta che aspettare anche ai familiari più stretti, dalla moglie Corinna ai figli, tutti a Grenoble. Non resta che aspettare al mondo dello sport, ai milioni di fans di colui che viene considerato il più grande pilota di Formula 1. È arrivato anche il sostegno morale della cancelliera tedesca, Angela Merkel - «estremamente scioccata» per l'incidente, come ha dichiarato un portavoce - che si augura, «con milioni di tedeschi», che Schumacher possa superare questo momento e guarire.
Il supercampione, del resto, ha sempre vissuto alla ricerca della velocità limite. Ha vinto più titoli di ogni altro asso del volante: è stato ben sette volte campione del mondo di Formula Uno, cinque con la Ferrari, 2 con la Benetton e 91 vittorie su 308 GP disputati, 179 dei quali con la Ferrari in 19 stagioni in F.1, le ultime tre al volante di una Mercedes che gli hanno regalato solo una pole a Montecarlo delle 68 ottenute in totale e un terzo posto al Gran Premio di Valencia del 2012.
Fin da piccolo respira l'aria del mondo delle corse, avvicinandosi fin da ragazzino alle competizioni. E oltre a una dote innata nella guida veloce aveva un vantaggio non da poco: poteva “giocare” in casa, nella pista di kart gestita dalla sua famiglia a Kerpen in Germania.
A soli 15 anni debutta nelle gare internazionali: scende in pista per partecipare alla Coppa del Mondo di classe 100 Junior. La grinta e l'abilità lo portano nelle varie formule minori. Nel 1989 è secondo nella Formula 3 tedesca. Il 1991 è il grande anno, quello del grande debutto in F1.
Eddie Jordan, patron dell'omonima scuderia, cerca un sostituto del pilota Betrand Gachot, arrestato a Londra, per disputare il gran premio del Belgio. Michael mette a segno il settimo posto in qualifica, ma la sua gara dura poco: esuberante, brucia la frizione in partenza. Ma la sua performance non passa inosservata e Flavio Briatore lo mette al volante della Benetton. Nel 1992 si aggiudica il primo successo in Belgio, il secondo giunge l'anno dopo sul circuito portoghese di Estoril. I Gp del 1994 sono all'insegna dei duelli con Senna. La tragedia di Imola e la morte del brasiliano aprono al tedesco la strada per la conquista del titolo. Il mondiale si deciderà all'ultima gara: una corsa storica, un serrato e indimenticabile duello con Damon Hill e Schumacher diventa il primo tedesco Campione del mondo.
Nel 1995 Michael Schumacher migliora i suoi risultati: totalizza 102 punti contro i 92 dell'anno precedente e vince il secondo titolo iridato.
Il 1996 è l'anno della “Svolta Rossa”: Schumacher passa alla Ferrari. Il mandato di Maranello è chiaro: riportare al successo il Cavallino che non vinceva un titolo piloti da 17 anni, dai tempi di Jody Scheckter. La carriera di Schumi ferrarista comincia male a causa della vettura ancora da mettere a punto. Ma lo "squalo di Kerpen" non molla. E neppure la Ferrari. Il resto è leggenda della Formula 1, altri cinque titoli mondiali sotto il segno di Ferrari, dal 2000 al 2004, un primo ritiro e poi il ritorno nel 2010 con la Mercedes, fino all'abbandono definitivo nel 2012.
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