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Questo articolo è stato pubblicato il 05 gennaio 2014 alle ore 08:52.

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S'arricchisce la collezione dei classici della letteratura russa di Boris Eifman. Dopo un' indimenticabile Anna Karenina ecco Onegin: primo debutto ed esclusivo, al Teatro La Fenice, e coreografia (del 2009) consegnata a una trentina di ballerini flessuosi ma atletici e acrobatici e per di più aitanti come star del cinema. La traduzione dalla pagina allo spazio scenico è solo apparentemente ardita. Eifman resta fedele a Puškin, pur ambientando la vicenda narrata nel celebre romanzo in versi dei primi decenni dell'800 durante i travagliati e confusi moti russi del 1991, capeggiati da Eltsin. Il coreografo,con il suo linguaggio passionale e talvolta enfatico in eccesso, fa dialogare un vario Cvajkovskij con Aleksandr Sitkoveckij, autore del primo rock sovietico. Opta per una luminosa scenografia costruttivista, ma non tralascia personaggi e dramma. Strappato da Lenskij a manifestazioni (in video) e (illuse) baldorie, e trascinato in una cinguettante campagna russa, Onegin, conosce le sorelle Olga, solare fidanzata dell'amico e Tat'jana. Anche quest'impacciata giovane degli anni Novanta scrive una lettera d'amore all'ospite, dopo che questi, in un onirico passo a due sullo sfondo di un cerchio infuocato, la salva dall'assalto di mostri luciferini. Ma il sogno è menzognero. Onegin respinge Tat'jana; anzi prova a sedurre Olga e non pago del sopruso, accoltella Lenskij. Nel secondo atto il rimorso del protagonista, esaltato da nuovi sogni infernali, stride con il doloroso passo a due delle sorelle in lutto, mentre un fulmineo cambio di scena ci precipita in un night club. Ora Tat'jana sembra legata a un non meglio identificato "generale" in occhiali scuri: la sua cecità avvampa dalla gesticolazione imprecisa e tuttavia rude. Nel romanzo di Puškin costui sarebbe il Principe Gremin: altra stoffa. Il generale somiglia invece a un cafone mafioso ...E Olga, nel night club, pare una velina capace di darsi al primo venuto. Tat'jana, invece, mantiene sobrietà: ritrovato Onegin, pentito di averla respinta, s'allaccia a lui in un amoroso duetto, che tuttavia non le impedisce di strappare – simmetricamente – la lettera d'amore questa volta da lui indirizzatale. Lei resterà accanto al generale e Onegin finirà sommerso da una pioggia di lettere che cadono sul suo capo come ricordi lontani, rimorsi, illusioni. Per fugare qualche dubbio sul comportamento di Onegin, qui figura meno incisiva rispetto all'intellettuale annoiato di Puškin (ma anche di John Cranko nella ben nota coreografia del 1965), Eifman introduce un passo a due in cui insinua l'attrazione omosessuale di Onegin per Lenskij. Chiaro invece il legame tra Tat'jana e il protervo comandante cieco: in Puškin la protagonista era una straordinaria femminista ante litteram, qui è una donna russa d'oggi, strattonata dal potere, senza amore, ma presumibilmente con molto denaro...
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Onegin, Eifman Ballet di San Pietroburgo, Teatro La Fenice, Venezia. Da gennaio poi in
tournée europea

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