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Questo articolo è stato pubblicato il 07 gennaio 2014 alle ore 19:06.
L'ultima modifica è del 07 gennaio 2014 alle ore 21:46.
«Si tratta di una sentenza storica. Che ha il merito di riconoscere, finalmente, pari diritti a uomini e donne su questa materia. Anche perché sono venti anni che da noi i giuristi discutono di questo aspetto della vita familiare». Gian Ettore Gassani, avvocato matrimonialista e presidente dell'Ami, commenta così la decisione della Corte di Strasburgo .
Avvocato, facciamo un passo indietro. Come funziona la legge italiana?
La materia è regolamentata in via amministrativa con la possibilità di aggiugere – se c'è il consenso del marito – il cognome della madre a quello del padre ma non c'è alcuna possibilità di attribuire al figlio il solo nome materno senza passare attraverso quello paterno. Il resto rientra nelle eccezioni, ma si tratta di situazioni limite. Per esempio nel caso di una madre naturale e senza il riconoscimento da parte paterna è ovviamente possibile attribuire il nome materno, anche perchè in questo caso non c'è alternativa.
E negli altri casi?
Nell'ordinario il principio è quello della prevalenza del cognome paterno. Per esempio nel caso di un riconoscimento tardivo da parte del padre il suo cognome sarà aggiunto a quello della madre. In buona sostanza il cognome paterno è ineliminabile nel nostro ordinamento. Ed è questo il problema. Perchè il cognome della madre può essere aggiunto per ragioni particolari ma non può sostituire quello del padre neanche, come nel caso di specie, quando i genitori sono d'accordo in questo senso.
Nella ricostruzione della vicenda giudiziaria sia la Cassazione che la Corte costituzionale hanno però riconosciuto un'arretratezza della normativa italiana. Senza però deliberare di conseguenza.
I giudici non possono cambiare la legge e non possono quindi che applicare le norme che hanno a disposizione. Possono – come hanno fatto del resto – muovere degli inviti al legislatore per far modificare la legislazione. È già successo nel 2011 quando la Cassazione invitò il legislatore a muoversi per il riconoscimento delle coppie di fatto. Per altro sono inviti che talvolta da parte di alcuni vengono vissute come invasioni di campo.
Però in questo caso, come in altri analoghi, la norma di riferimento è una Convenzione internazionale. Il giudice italiano non potrebbe quindi applicarla direttamente?
Potrebbe farlo agganciandosi nella sentenza alle norme sovranazionali che prevalgono sull'ordinamento interno. Purtroppo c'è un altro retaggio culturale che fa sì che li giudici applichino in via esclusiva le leggi nazionali. E io aggiungo sbagliando. Tant'è vero che tra gli avvocati si discute di questo e l'invito è quello di scrivere atti densi di diritto internazionale affinchè il giudice lo applichi. Fondamentalmente c'è bisogno di un atto di coraggio ulteriore da parte della magistratura. E dico ulteriore perché negli ultimi anni a onor del vero, ogni sentenza "innovativa" sulle unioni civili, la questione dei cognomi, i figli naturali, sono sempre arrivate dalla Corte di cassazione che ha puntualmente messo con le spalle al muro il legislatore invitandolo ad "aggiornarsi". Ma diciamocelo, anche su scala internazionale, l'Italia è percepita come un Paese in cui i diritti veri non sono tutelati.
Ma questo principio, una volta tradotto nell'ordinamento italiano, non potrebbe scatenare ulteriore contenzioso?
Potrebbe succedere, del resto questo è il Paese delle liti matrimoniali. Ma è meglio un contenzioso in termini di parità che l'imposizione di una delle due parti. Sarà poi il giudice a stabilire qual è il prevalente interesse del minore. Perché poi alla fine si può sempre decidere, come succede in altri Paesi a legislazione moderna, che i figli portino tutti il doppio cognome. La compressione dei diritti non è mai una soluzione. Lo vediamo nel caso delle separazioni e dei divorzi dove si sta sviluppando un turismo divorzile per mettere fine ai matrimoni perchè in Italia la trafila è lunghissima e costosa.
Secondo lei in che senso si muoverà il legislatore nel modificare la legge sul cognome? Si tratterà di un provvedimento retroattivo o varrà solamente per i nati successivamente all'entrata in vigore della legge?
Che ci si potrebbe legittimamente orientare per una norma retroattiva per evitare nuove discriminazioni tra bambini praticamente coetanei. Caso diverso è invece per quelli più grandicelli dove prevarrebbe io credo il diritto all'identità.
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