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Questo articolo è stato pubblicato il 08 gennaio 2014 alle ore 06:48.
Roberto
Iotti Tra un paio di settimane, a Roma, si svolgerà un seminario organizzato da Federmobilità, il cui titolo è significativo: "Azienda unica regionale, la soluzione per il trasporto pubblico locale?" Non è la prima volta - a dire il vero - che si affrontano le molte carenze del Tpl con la ricetta della concentrazione aziendale. Terapia che ha come obiettivi la razionalizzazione/riduzione dei costi di esercizio, l'ottimizzazione delle reti viarie, la focalizzazione delle risorse là dove c'è più domanda di mobilità.
Su questi obiettivi si dovrebbe focalizzare la prossima unione tra Atm (Aziena trasporti Milano) e Ferrovienord. Operazione che, se confermata nel suo progetto industriale, va nella direzione indicata recentemente da Graziano Delrio, ministro degli Affari regionali. Il 16 dicembre, durante un'audizione alla commissione Trasporti della Camera, il ministro ha spiegato: «Certamente nel Tpl c'è un problema di risorse insufficienti, ma c'è anche un problema di efficientamento, di nanismo delle aziende. In altri Paesi europei - ha detto il ministro - lo Stato è meno presente perché le aziende sono più grandi. L'efficientamento del sistema non è più rinviabile».
Purtroppo le inefficienze del Tpl italiano, con i suoi costi esorbitanti frutto spesso di una miope politica locale, sono solo una faccia della medaglia. Perchè l'altra faccia è data dalla quasi totale smobilitazione dei costruttori nazionali di autobus. Negli ultimi vent'anni in particolare alle ineffcienze gestionali del trasporto locale, le amministrazioni hanno risposto con ripiani di bilancio più o meno consistenti. Con il taglio ai trasferimenti, anche questi interventi sono stati ridimensionati, con il risultato che la voce "investimenti" è stata la più penalizzata. Ecco che, se da un lato, l'Italia ha un parco bus circolante tra i più vecchi e inquinanti d'Europa - per non parlare dei consumi e del rapporto velocità/chilometri coperti - dall'altra il nostro Paese si è concesso il lusso di chiudere uno dei principali costruttori di autobus (Irisbus di Avellino), perdendo capacità tecnologica, innovazione e posti di lavoro. Un altro grande costruttore nazionale, Bredamenarini di Bologna, potrebbe invece finire nelle mani di un costruttore straniero. Così calerà il sipario su un altro settore industriale dove l'Italia poteva esprimersi con tecnologie all'avanguardia, soprattutto nelle motorizzazioni a basso impatto ambientale.
Secondo un'aggiornata analisi di Bain & Company la frammentazione dell'offerta di trasporto locale vede una produzione chilometrica aggregata dei primi cinque operatori pari al 39 per cento. Rispetto alla media europea, i costi operativi italiani sono superiori del 16%, mentre il 60% dei costi del Tpl è assorbito dagli stipendi del personale. Bastano questi pochi numeri per spiegare come, nel trasporto pubblico locale, ci siano ancora ampi margini di recupero e di intervento per migliorare i bilanci. E, nello stesso tempo, per investire in automezzi più confortevoli, a più basso consumo o a metano. Questo darebbe una prospettiva industriale ai nostri ormai pochi costruttori e darebbe un grosso contributo nelle politiche ambientali cittadine. Chissà se anche questa volta dall'unione di più realtà ne esca una forza innovativa.
roberto.iotti@ilsole24ore.com
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