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Questo articolo è stato pubblicato il 08 gennaio 2014 alle ore 06:44.
L'ultima modifica è del 08 gennaio 2014 alle ore 12:54.

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Una sburocratizzazione della gestione del rapporto di lavoro per consentire a chi fa impresa di poterla fare. Una spinta a creare occupazione in sei settori chiave della nostra economia, e cioè Made in Italy, tra cui la moda, industria manifatturiera tradizionale, turismo, cultura, innovazione e ambiente-green economy.
Poi la discussione su eventuali interventi sulle regole contrattuali, con l'ipotesi, ancora in via di approfondimento, di un contratto a tempo indeterminato con tutele progressive che sterilizzi (si pensa per i primi tre anni) la tutela reintegratoria dell'articolo 18 nel caso di licenziamento illegittimo. Il tutto da affiancare a politiche attive più incisive, e una rivisitazione, in chiave universalistica, degli attuali ammortizzatori sociali. Oltre a misure di garanzia ad hoc per i lavoratori autonomi individuali (partite Iva) per i quali si ragiona sull'introduzione di forme di sostegno al reddito in caso di sospensione del rapporto di lavoro e nel caso di cessazione involontaria.

I tecnici del Pd, che sono affiancati da esperti di diritto del lavoro e professori universitari, stanno mettendo a punto il «Job act» che, come ha detto ieri a Firenze, il neo segretario Matteo Renzi, sarà presentato a giorni (probabilmente alla direzione del partito il 16 gennaio). Il documento non avrà la veste di un articolato normativo, sottolineano dall'entourage del sindaco, ma saranno individuati i temi e la struttura fondamentale degli interventi su cui si aprirà poi un confronto in parlamento e nel governo. Con questo piano «puntiamo a universalizzare diritti e garanzie» per superare le discriminazioni tra lavoratori protetti e non in base a contratti diversi, evidenzia il responsabile economico del Pd, Filippo Taddei: «E cerchiamo pure di creare nuova occupazione in quei sei settori che hanno un potenziale di crescita nei prossimi anni ridefinendo la nostra identità produttiva».

Il documento sul lavoro è un cantiere ancora aperto (la definizione esatta dei singoli capitoli la farà direttamente Matteo Renzi); e al momento, da quanto si apprende, non sono indicate cifre per finanziare le misure allo studio (alcune di esse, per esempio l'universalizzazione degli ammortizzatori, si presentano onerose). Nelle bozze di «Job Act» si accenna anche al tema di una sensibile riduzione del costo del lavoro, con un impegno del Pd, spiega Taddei, «a vincolare i risparmi della spending review alla riduzione dell'imposizione sul lavoro, con meno Irap e meno Irpef».

Sempre nelle bozze del piano sul lavoro del Pd si parla pure di riforma dei centri per l'impiego (nei giorni scorsi il ministero del Lavoro ha reso noto il primo monitoraggio di questi centri); e dell'ipotesi di razionalizzare le risorse che arriveranno in dote all'Italia dalla «Garanzia giovani» (1,5 miliardi nel biennio 2014-2015) da destinare all'inserimento effettivo dei giovani. Si fa cenno anche alla staffetta generazionale; a una riprogrammazione dei fondi comunitari 2014-2020 per rilanciare i settori in difficoltà; e a eventuali modifiche processuali al rito speciale introdotto dalla legge Fornero.

Le parole di Matteo Renzi e le prime anticipazioni sui contenuti del «Job act» sono state criticate dall'ex ministro, Maurizio Sacconi (Ncd) che ha parlato di «continuità con la tradizionale impostazione della sinistra italiana. Quella per cui le regole semplici non fanno lavoro, ma al contrario solo una volta determinata altrimenti la maggiore occupazione si può parlare della riregolazione e peraltro solo ai fini di una maggiore equità». Ma a voler vederci chiaro sul «Job act» è anche l'ex ministro Pd, Cesare Damiano: «Ci aspettiamo chiarezza soprattutto per le tutele che spetteranno ai neo assunti. Non vorremmo che si creasse un mercato del lavoro parallelo esclusivamente destinato ai giovani. Una riserva con meno diritti che renderebbe così strutturale la divisione tra garantiti e non, che anche lo stesso Renzi dice di voler combattere».

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I punti del piano
ARTICOLO 18
Ipotesi contratto unico
Si ipotizza l'introduzione di un contratto unico a tempo indeterminato con tutele progressive in cui è sospesa per 3 anni la tutela reintegratoria nel caso di licenziamento illegittimo
SUSSIDIO UNIVERSALE
Rivedere gli ammortizzatori
L'entourage di Matteo Renzi ha rilanciato la proposta di una rivisitazione degli ammortizzatori sociali nel senso di un unico ammortizzatore di tipo universalistico
PARTITE IVA
Più tutele per gli autonomi
Si ipotizza la necessità di prevedere forme di sostegno al reddito per i lavoratori autonomi individuali in caso di sospensione del rapporto e nel caso di cessazione involontaria
POLITICHE ATTIVE
Riforma centri per l'impiego
Tra le proposte c'è pure quella di riformare i centri per l'impiego e spingere per politiche attive più incisive. E destinare i fondi Ue per l'inserimento effettivo dei giovani

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