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Questo articolo è stato pubblicato il 08 gennaio 2014 alle ore 06:46.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 11:38.

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Il mini-rally di inizio anno, che aveva spinto l'oro fino a lambire quota 1.250 dollari l'oncia – con un guadagno di quasi il 6% rispetto al 31 dicembre – si è interrotto: a fine giornata il metallo scambiava intorno a 1.230 $, in ribasso di circa un punto percentuale rispetto alla sera prima. Molti analisti indicano il dato sulla bilancia commerciale americana, con la forte riduzione del deficit che ha rafforzato il biglietto verde, come il fattore decisivo che ha fatto prevalere le vendite. Sul mercato sembra tuttavia esserci una sorta di tiro alla fune tra rialzisti e ribassisti, che potrebbe durare ancora qualche tempo. Le ultime statistiche della Commodity Futures Trading Commission (Cftc) mostrano che al Comex negli ultimi sette giorni del 2013 c'è stata un'impressionante risalita delle posizioni nette lunghe, ossia all'acquisto, in mano agli hedge funds: +19% a 34.104 contratti, tra futures e opzioni. Le posizioni corte (alla vendita), stanno intanto calando, ma nel complesso restano ancora molto vicine ai livelli record della settimanafino al 24 dicembre, quando raggiunsero 82.765 lotti.
A complicare le cose c'è il ribilanciamento dei fondi indicizzati, dopo il ribasso del 28% subito dall'oro nel 2013, che viene effettuato prprio questa settimana. Inoltre, se nel lungo periodo sembrano prevalere fattori negativi sui prezzi (come il tapering e la ripresa dei tassi interesse negli Usa), è anche vero che si sta di nuovo assistendo a segnali di ripresa della domanda fisica: in Cina, con l'avvicinarsi del Capodanno lunare, i premi stanno rafforzandosi e in India il Governo sembra aperto ad attenuare le restrizioni all'import di oro, anche se ieri il ministro degli Affari economici ha precisato che sarebbe meglio rinviare ogni decisione al nuovo anno fiscale, dal 1° aprile.
Di certo l'atteggiamento di molti investitori sul mercato dell'oro è tornato a farsi cauto, dopo la seduta frenetica di lunedì, segnata da un nuovo episodio simile a quelli ormai più volte registrati nei mesi scorsi: alle 10,14 di New York, le 16,14 in Italia, le quotazioni dell'oro sono state investite da un'improvvisa raffica di vendite, che nel giro di un minuto le fatte crollare di oltre 30 dollari, da 1.246,50 a 1.213,50 $/oz, in un vortice di 12mila scambi. Il sistema di interruzione degli scambi è entrato in funzione automaticamente per 10 secondi, dopo di che il lingotto ha gradualmente risalito la china, fino a toccare un picco di 1.247,70 $. Cme Group – come molti si aspettavano, data la velocità di reazione all'evento – ha successivamente escluso che a originare lo scossone fossero stati l'errore di un operatore o un guasto tecnico. «Tutti gli scambi restano validi e la nostra tecnologia ha funzionato come doveva», ha chiarito un portavoce.
Insomma, a scatenare la bufera sarebbe stato anche stavolta il trading algoritmico. Forse effettuato da un fondo cinese, suggerisce Nana Dahlerup, responsabile del desk di trading di valute di Saxo Bank, osservando che ci sono stati volumi di scambio molto elevati non solo a New York ma anche a a Shanghai. «Sono stati i cinesi che hanno provocato il sell off? – si chiede Dahlerup sul suo blog – Oppure è successo il contrario, ossia c'erano fondi algoritmici cinesi che compravano sul mercato americano nei secondi in cui crollava? La Cina oggi è un soggetto importantenon solo sul mercato fisico, ma anche su quello dei derivati».
@SissiBellomo
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